di Loredana Barillaro |
Luigi, quando ci siamo incontrati in occasione della studio visit ti ho confessato che amo molto la pittura che mima il nostro quotidiano, e i tuoi lavori sembrano tradurre appieno questo mio personale sentire. Come sei giunto a questa maniera?
Luigi Iona/ Diciamo che sono circondato, come tutti, da un insieme di immagini che sono ricche di tavoli, sedie, finestre, bicchieri, indumenti etc. Non credo di essere giunto a questo tipo di pittura “descrittiva” tramite un percorso, piuttosto penso che la pittura si sia adattata alla vita che faccio. Essa è il tramite per qualcosa di più grande, io non conosco ciò che sto facendo, ovviamente riconosco gli oggetti/soggetti che ho davanti, ma non sono mai sicuro di come verranno fuori, mi piace dipingere il quotidiano perché mi stimola all’osservazione. Il tempo scorre e le cose rimangono ferme fra luce e ombra, mentre io sento il mio respiro e il mio cuore battere. Mi piace rendere le cose “morte” più partecipi a quello che sono e viceversa, c’è un dialogo continuo con il quotidiano, che poi è un dialogo con se stessi. Spero che almeno la metà di questi “dialoghi” sia visibile agli occhi di chi guarda un mio quadro.
Oltre a ciò che hai già spiegato, cos’è ancora che ti esorta ogni giorno, quali sono gli spunti fondamentali che fanno scattare l’ispirazione?
LI/ Sicuramente il contrasto fra luce, ombra e volume. Questo insieme di cose è certamente alla base del sentimento che stimola la mia voglia di dipingere. Poi ci sono altri fattori, come ad esempio il legame che ho con ciò che sto per dipingere; un legame può anche essere inesistente, quindi a volte si tratta solo della voglia di instaurare quel legame. In poche parole potrei dire che l’ispirazione salta fuori quando sento una certa forma di amore e piacere a livello visivo nei confronti di un oggetto/soggetto.
Domanda di rito: qual è stato il tuo percorso e “dove” ti trovi adesso?
LI/ Diciamo che ho sempre trovato gratificante e appagante il fatto di disegnare, colorare, fin da quando ero bambino. Fino ai diciotto anni non ho mai approfondito la cosa, non pensavo a me stesso con i pennelli in mano, non pensavo alla pittura ad olio o acrilica, spesso compravo i colori più economici che c’erano in giro, ricordo le tempere Giotto al costo di 3 euro (delle vere e proprie bottiglie da mezzo litro piene di colore). Poi decisi di frequentare l’Accademia di Belle Arti di Roma, dove non ricevevo a mio parere un insegnamento adeguato, c’era però il professore di disegno che riusciva a trasmettermi molto e quindi imparavo. Non essendo soddisfatto della scuola e dell’ambiente in cui vivevo ormai da vent’anni, decisi di lasciare tutto per andare a vivere a Firenze, da allora ho continuato a dipingere e guadagnarmi da vivere con diversi lavori part-time. Circa tre anni fa ho scelto di prendere la pittura più seriamente, la mia vita era un insieme di lavori che non mi rappresentavano, e avevo praticamente smesso di dipingere, quindi, forte di un licenziamento economicamente generoso, ripresi a fare il pittore, e da quel momento dipingo quasi ogni giorno. Attualmente sono molto attivo nel mercato online, nonostante vorrei un rapporto più concreto con l’arte che sta nel mondo reale.
A tuo parere cosa funziona, e cosa no, del “sistema dell’arte” oggi? Quali sono le difficoltà che incontra un artista nello sforzo di ritagliarsi il proprio ruolo, e quali quelle che quotidianamente incontri tu? Quali sono le storture che un artista dovrebbe necessariamente far emergere?
LI/ Questa è una domanda certamente importante, ma io mi sento inadatto nel dare una risposta. Sono uno che si innamora di forme e colori fra luce e ombra, come ho detto prima, la tua domanda mette in risalto qualcosa che di fondo è estraneo all’arte, intendo l’arte come gesto, magia, visione. Certo, se dovessi riflettere su cosa funziona e cosa no, o le mie difficoltà personali in un mondo che pullula di talenti e non, potrei dirti che mi sento solo un altro granello di sabbia. Ecco, io non penso mai a queste cose in fondo, altrimenti finirei per domandarmi: “Ma perché dipingo?” Ci vorrebbe sicuramente più attenzione e dedizione nei confronti dell’artista, ma è anche vero che questo mondo straripa da tempo, non so, parlare di questo mi annoia un po’, mi scarica, e io cerco di rispettare il più possibile me stesso quando dipingo. Voglio dare solo la verità agli occhi altrui, poi saranno quegli occhi a decidere cosa farsene del mio “lavoro”, fra storture e difficoltà ovviamente, ma la cosa principale per me, ripeto, è dipingere rispettando me stesso, il mondo che si è creato intorno all’arte nel tempo mi interessa il giusto. Ma probabilmente sbaglio a vederla così.
Dall’alto: Casa dei vicini, la sera, 2024. Acrilico su legno, 21×29,5×0,3 cm. Collezione privata. Amiche sul bus, 2024. Acrilico su cartone pressato, 50x70x0,2 cm. Per entrambe courtesy dell’artista.
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