MUTEVOLI SCRIGNI
Shawnette Poe – Loredana Barillaro
Shawnette Poe – Loredana Barillaro
Incontro Shawnette Poe in una tarda mattinata di settembre. Splendida, leggiadra, una creatura incantevole, lo stesso incanto che sembra trapelare dal suo lavoro. Un lavoro in cui il dato biografico risulta dominante, e l’assenza di un centro, di una “patria”, quello che in tedesco si traduce nella parola heimat, determina gran parte della “scena”, una ricerca in cui l’attaccamento ad una “casa” diviene attaccamento alle persone come centro nomade, ma forte e imprescindibile come può essere il legame con la madre, in fondo, origine e fine. Al contempo, però, il senso di sradicamento si avverte in modo intenso.
Un’assenza che si colma con la presenza evocata, l’uso dei capelli come elemento corporeo forte, in grado di esistere a sé, di staccarsi dal corpo senza nessuno strappo, senza dolore alcuno, un elemento che l’artista utilizza spesso, sia nelle installazioni che nei video, ad esempio in quelli realizzati per la sua recente personale dal titolo “Collateral Rooms”, curata da Giovanni Viceconte ad Altomonte (Cs), in cui “stanze” parallele si affiancano, si intrecciano l’un l’altra determinando uno sconfinamento fisico quanto ideale, tipico dell’indagine di Shawnette Poe, una simultaneità tale da saturare lo spazio oltre che la visione. Un luogo che, ancora una volta, risulta indefinito, così come lo è il contesto delle tele, scatole, forse scrigni, in cui figure femminili, leggiadre e leggere nei loro movimenti, sembrano fluttuare. Shawnette non pianifica nulla, il suo è un lavoro che si costruisce man mano partendo da ciò che le accade o che le accade intorno, un punto di partenza che può divenire qualsiasi cosa.
Un lavoro elegante, raffinato, minimale e di grande forza comunicativa ed evocativa, in grado di “ramificarsi”. Evocativa di un mondo che è quello terrestre, ma traslato quasi in un’altra dimensione in cui ogni discorso appare superfluo e lo spazio fisico è solo un elemento ragionato.
Nessun limite nel pensare, e nessuno negli strumenti da utilizzare in un racconto abitato da personaggi forse alla ricerca di un punto di “attracco”, ma incapaci di andare oltre perché alla guida di “veicoli impossibili”.
WASHING ROOM N° 0, 2012. Still da video, 2,39 min. END OF WORDS, 2009. Courtesy dell’artista.
© 2011/2012 BOX ART &CO.;
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