RESPIRI SPEZZATI
Giuseppe Ciracì – Loredana Barillaro
Il corpo umano è ciò che sta alla base dei lavori di Giuseppe Ciracì, una rappresentazione analitica, perfetta, ma mai tediosa o scontata.
Il corpo come strumento e fine, è il punto di partenza ed il luogo a cui giungere, un luogo mentale, in cui l’azione della mano, guidata dall’amore dell’artista per l’anatomia umana, si traduce in forma e segno, mezzo di trascrizione figurativa di ciò che Ciracì osserva e analizza.
Un percorso mentale che corre parallelo a quello intimo dell’artista, forse inconscio, forse no. Lavori in cui la componente letteraria e filosofica non viene mai meno, essa dà la misura di quello che è il suo lavoro, mai fine a se stesso. Un chiudersi ed un venir fuori, il dire e il non dire, nascondere e svelare. Un fare elegante, discreto in una pittura memore della tradizione, formatasi su solide basi, ma capace di rinnovarsi costruendo fisicità accennate, sospese, in cui il movimento continuo dalla carne allo scheletro diviene metafora del passaggio dall’intelletto allo spirito in sottrazioni di materia che non sono mai laceranti.
Ciò che nei cicli passati era un’immagine forte, densa, ricca di componenti al suo interno, diviene ora elemento leggero. Un’immagine che gradatamente si sfalda mostrando ogni singolo strato che la compone, che compone il corpo. In tal senso si connota l’ultimo ciclo di opere dal titolo A Windsor costruito partendo da una selezione dei seicento bozzetti di Leonardo Da Vinci sullo studio dell’anatomia conservati nella collezione della Regina Elisabetta nel castello di Windsor a Londra e realizzati per la personale al MAP, Museo Mediterraneo dell’arte Presente di Brindisi, intitolata “Dialogo con Leonardo”, e curata da Massimo Guastella.
Perché di questo si tratta di un meraviglioso incontro con il genio rinascimentale di cui Ciracì sembra sviscerare il lavoro ponendolo in relazione al disegno e al corpo in un’indagine sull’esistenza che l’artista porta avanti già da qualche anno, come nel ciclo Elogio della calvizie dall’omonimo testo del filosofo neoplatonico Sinesio di Cirene in cui la calvizie viene messa in stretta attinenza con la vita, con la natura dell’esistenza. Dunque teste rasate come elemento di vicinanza alla perfezione, al divino, alla purezza. Il processo creativo che l’artista mette in scena mostra passo passo ciò che nutre ciascun lavoro, senza velare nulla ma conferendo egli stesso una chiara lettura di ciò che realizza. Partendo dalle carte di Leonardo vi sovrappone il suo segno, un modo forse per legarsi inscindibilmente ad un principio immortale.
E tale è la forza degli sguardi e le pulsioni delle membra. Così come lo scheletro regge il corpo il disegno appare imprescindibile per Giuseppe Ciracì, e il colore gradatamente cede il passo al chiaroscuro, il solo a tornire le forme. Si determina dunque una graduale riduzione, seppur già attuata in passato e che ha portato a lasciare incompiute parti di superficie, a far spazio alla tela. Punti di contatto fra ciò che esiste e ciò che non si vede, forse un non-luogo. È come se l’artista eseguisse quasi un rito di spoliazione, tirasse via la pelle fino a mostrarne l’ossatura, un substrato non solo corporeo quanto, e soprattutto, culturale.
RL 19017, 2012. Matita, pennarello, acetato, nastro adesivo, stampa su carta, 50×34,5 cm. Courtesy dell’artista.
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