UN SARCASMO ANCESTRALE
Pierluca Cetera Lorenzo Madaro
Pierluca Cetera Lorenzo Madaro
Nello scenario artistico contemporaneo dell’area pugliese, tra le ricerche maggiormente condivise vi è quella legata alla pittura, a cui appartiene anche il lavoro di Pierluca Cetera (Taranto, 1969). Legato a una cultura figurativa “grottesca”, così è stata non a torto battezzata, sempre digerita attraverso chiavi linguistiche e pratiche concettuali ricercate, sin da una delle prime serie pittoriche come i Trasudati del 2000, ha declinato la sua ossessione per il ritratto e le connotazioni psicodrammatiche dell’uomo, mixate a sviluppi formali e sensoriali densi di una quasi impercettibile ironia. Strani personaggi riempiono fondali asettici, quasi assenti nel loro vuoto monocromatico, così da far rivelare sguardi penosi e abiti dalle colorazioni acidognole. Un rigore formale frutto di un’ottima, ma mai tediosa, preparazione tecnica, che presuppone anche un uso liquido delle vernici, lo hanno spinto a persistere lungo il suo percorso, setacciando varie sfere e scrutando paesaggi domestici, talvolta autobiografici (il suo ritratto incombe spesso, con più o meno evidenza, nelle varie serie pittoriche di tutta la sua produzione), ma insieme unanimi nella loro mole tragicomica. Sulle tavole di minime dimensioni o sulle grandi superfici, l’impostazione del “quadro” per Cetera rimane inalterata, così come il sarcasmo ancestrale per cui si caratterizzano molti degli scenari da lui orchestrati, anche quando al centro dei suoi interessi visivi vi sono piccoli fotogrammi con peccaminosi nudini o improbabili pic-nic atemporali. Il rapporto con l’aspetto dimensionale dell’opera e quindi con l’entità della percezione, si manifesta con una progettualità definita che respira in una relazione costante con gli spazi. Si approda così alla recente costellazione di satelliti pittorici S.P.O.T. (Satelliti Per l’Osservazione Terrestre), presentati in anteprima nella sezione barese del Padiglione Italia dell’ultima Biennale: sagome pittoriche che vivono un dialogo immobile per raccontare goffe e “dolenti” esperienze familiari, sempre nell’ottica dell’universalità del dramma domestico. Attraverso quest’opera, per dirla con lo stesso Cetera, «la rivoluzione attorno al microcosmo familiare è compiuta. Ma un altro giro può cominciare». Chissà cosa ci proporrà.
Spot 2 – STIRA e AMMIRA, 2011. Installazione, piedistalli in ferro, h 150 cm, sagome di tavola dipinte ad olio. Courtesy dell’artista.
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