di Martina Carcangiu |
Nel cuore della grande città, ci muoviamo da un punto all’altro cimentandoci in una danza, pianificando un equilibrio all’interno di uno scenario autoreferenziale che, superbo, disattende l’accidente. Eppure l’imprevisto esiste, umano come l’istinto, come l’ebbrezza di un ballo che si contrappone al rigore della nostra danza.
L’imprevedibile si manifesta nelle opere di Carmelo Nicotra: legno, cemento, polistirolo e intonaco si uniscono in una incontrollabile necessità compositiva. Sculture che si sviluppano in altezza, che reclamano il proprio spazio assumendo forme inconsulte, come piante che istintivamente inseguono la propria crescita. Colonne di carta, come assenze, aderiscono alle pareti dello spazio espositivo sfuggendo alla tridimensionalità. Comodini si ergono spudorati, in una commistione frenetica di materiali, come i palazzi dei piccoli centri che nel sud Italia formano bouquets edilizi. Contro ogni negazione, con questo sguardo, siamo costretti a spezzare il cieco flusso di attenzioni esclusive, riservate all’ordine disciplinato dei grandi circuiti urbani. L’artista abbraccia con gratitudine il concetto di “Non-Pedigreed Architecture” di Bernard Rudofsky, riportando alla luce uno spazio, che oggi più che mai viene vissuto con la stessa intensità con cui spesso viene rinnegato. Nicotra vive e lavora a Favara, dove osserva e ascolta con attenzione i suggerimenti del territorio, il suo operato artistico è alimentato da un luogo, da una comunità e dal suo mutare, fedele al concetto di spontaneità, senza tralasciare gli scarti della cultura visiva e architettonica.
La città che si delinea attraverso questa indagine appare e scompare proponendo un’immagine, simile per vocazione, al concetto di “vivienda”, espresso da Gio Ponti tra le pagine di Domus che, parlando dei progetti di Coderch, non vede una casa destinata a un uomo generico, ma a un uomo unico e reale, come luogo di vita. Colori sgargianti, come i toni del rosa, del blu e del giallo irrompono con prepotenza, accostati alla ricerca di materiali da costruzione, tra collages e installazioni scultoree. Nessun mezzo di espressione, colore o materiale viene escluso. L’artista, che dal 22 aprile è in mostra presso L’Ascensore di Palermo con opere accompagnate dal testo di Tabea Badami, presenta spesso esiti frutto di un matrimonio di forme, oggetti e cromie, che ammettono senza giudizio la reale esistenza di ciò che Gianfranco Marrone e Marco Belpoliti hanno definito “un’evidenza problematica: il Kitsch”. Un inno alla leggerezza che, secondo Milena Jesenká, “va assaporata senza lasciarsene prendere la mano”.
Ancora una volta, l’eredità artistica di Nicotra sceglie di osservare qualcosa che porterebbe molti di noi a volgere lo sguardo altrove. In un mondo sempre più proteso verso l’autotelia, in cui il significato si dissolve in una costellazione di significanti, prevedibili e regolati, trova spazio la sbrigliatezza di una dimensione sommersa, con l’orgoglio della modestia di un ballo popolare.
LE RAGIONI DELLA LEGGEREZZA, 2018. Installation view, Bocs, Catania. Foto © Neroshootings. Courtesy dell’artista.
(alla pagina 3 del n. 46 di SMALL ZINE)
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