ASINUS IN CATHEDRA
Giulio Vesprini
– Maria Chiara Wang
Maria Chiara Wang/ Perché hai scelto Asinus in Cathedra – espressione latina – per il tuo studio di grafica e perché la scelta di indossare la maschera di asino in certe immagini che ti ritraggono?
Giulio Vesprini/ Lavorare nel campo dell’arte è visto da molti – compresi i propri familiari – come “il non fare nulla” o quasi, per questo ho pensato di mostrare quello che viene comunemente definito “Asino” salire in cattedra dopo un duro lavoro e comunicare in maniera diversa, creativa e propositiva, mantenendo la stessa umiltà dell’animale rappresentato. La maschera la uso nei lavori più duri, quelli dal carico emotivo importante.
MCW/ Che tipo di lavori realizzi nel tuo studio?
GV/ Nel mio studio realizzo principalmente lavori di progettazione grafica e stampa d’arte. La raccolta di antichi caratteri tipografici vuole essere una conservazione di antichi saperi che oggi mescolo con i recenti processi grafici. Grazie a queste macchine produco le mie stampe, monotipi composti da diverse tecniche con l’utilizzo di inchiostri tipografici. Asinus in Cathedra è anche un laboratorio itinerante che porta in giro workshop legati alla serigrafia, alla linoleografia e all’incisione.
MCW/ Come nasce in te il desiderio di archiviare caratteri di legno per la stampa e la necessità di salvarli dall’oblio?
GV/ Sono interessato a difendere una certa memoria attraverso l’uso concreto di macchinari e conoscenze grafiche che, unite a espressioni artistiche più contemporanee, possano generare nuove forme di comunicazione. La mia ricerca si focalizza, per ora, nella mia regione, le Marche. Qui c’è una grande tradizione grafica e tipografica che, con il passare degli anni e l’evolversi della tecnologia, stiamo perdendo. Per questo dal 2012 incontro maestri tipografi in pensione o che per colpa della crisi hanno chiuso la loro attività. Ad oggi ho più di 1000 caratteri recuperati, interi alfabeti in legno ripuliti pronti a brillare ancora una volta sulla carta.
MCW/ Che valore attribuisci all’uso delle parole e delle lettere nelle tue opere, sia di urban artist che di grafico?
GV/ Credo che siano fondamentali entrambe, soprattutto quando le lego alle forme dipinte sui muri. Le uso come linguaggio capace di rafforzare i segni grafici realizzati, un ulteriore input di ragionamento per chi osserva l’opera.
MCW/ Come nasce l’ispirazione per un nuovo progetto? Come passi dall’idea alla sua realizzazione?
GV/ Leggo e studio molto. Osservo il lavoro degli artisti che più amo e dei grafici che stimo. Scintille di progettazione vengono spesso dopo la visita di grandi mostre, al contatto diretto con l’opera e con il linguaggio dell’artista. Dopo una serie di informazioni teoriche e osservazioni degli spazi urbani intorno a me, entro in studio per disegnare, stampare e progettare attimi di vita vissuti prima.
CERCHIO G023, 2016. Impronte, Omaggio a S. Ferragamo, Bonito (Av). Foto Antonio Sena. Courtesy dellʼartista.