UNA LUCIDA IRONIA
Giovanni Duro
– Carla Sollazzo
Carla Sollazzo/ Signore e Signori è il titolo di una serie di piccole tele, fatte di “parti mancanti”, cosa raccontano queste ultime e cosa raccontano, invece, le parti “presenti”?
Giovanni Duro/ La principale parte “mancante”, se si pensa ai classici ritratti, è lo sguardo. Gli occhi delle figure ritratte appaiono socchiusi, in alcuni casi completamente chiusi ad indicare il guardare “oltre”, nel profondo delle cose di questo mondo, i veri mutamenti e le cose invece immutabili che si celano a chi guarda senza sapere o poter vedere. Le “parti presenti” sono le pennellate fluide dei colori acrilici, quasi acquerellati, contrapposti al segno grafico dato dai pennarelli. Le parti anatomiche ritratte, invece, sono spesso ricoperte da eritemi o altre manifestazioni di lesioni cutanee. È il nostro organismo, quello che alcuni, a torto o a ragione, considerano il “nostro tempio”, che reagisce agli stimoli esterni, la vita biologica che influenza quella psichica e viceversa.
CS/ “Essere o non essere”: cosa scegli tu e cosa fai scegliere alla società che rappresenti nelle tue opere?
GD/ Il dubbio amletico resta attuale. Lo possiamo vedere soprattutto in questi tempi pandemici. Shakespeare rende Amleto un coacervo di ambiguità e conflitti interiori; se andiamo a ben vedere è il ritratto dell’uomo in ogni epoca storica. Riallacciando questa breve introduzione alla mia ricerca artistica, ho scelto che le mie opere possano essere “diari visivi” del mio cammino di uomo nella vita, e l’ho fatto da quando ho iniziato a dipingere, a sedici anni; una disciplinata e costante ricerca artistica, che mi ha salvato dal “mondo” facendomi rimanere in esso. Della società che rappresento nelle mie opere, faccio scegliere tutto quello che resta al di fuori di questo Limes; a volte ad esempio il sarcasmo è necessario, l’ironia invece la considero quasi sempre necessaria.
CS/ Vivere e lavorare in Calabria: quale tra le tue opere rappresenta al meglio questa tua decisione?
GD/ Chi sceglie di rimanere o di 17 ritornare a vivere e lavorare in una società disfunzionale, com’è quella calabrese, sa che ha un prezzo da pagare. Da quattro anni, la Cooperativa Sociale di cui sono Vicepresidente ha in gestione i servizi integrati del Museo Civico di Taverna, la cittadina natale di Mattia Preti: ecco, in Calabria svolgo sì un lavoro precario, ma anche bellissimo. Intendevo fare proprio questo quando ho scelto di ritornare in Calabria: lavorare in un settore in cui ho investito anni in formazione e che in questo particolare caso, abbraccia l’arte, la cultura e il turismo. Uno dei temi in cui è più evidente la mia voglia di tornare “a casa” è costituito dai paesaggi che dipingevo qualche anno fa: strani edifici non finiti, in cemento e oro o con bande colorate a mascherare piloni e travi con le anime di ferro a vista; ancora oggi nella serie Avamposti ci sono alcuni richiami visivi a quei paesaggi. L’Arte è Vita e se lo si desidera veramente, la Vita può essere Arte.
L’INIZIO DEL VIAGGIO, 2020. Acrilico, collage e pennarelli su tela, 90×80 cm. Courtesy dell’artista.
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