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L’INDOMITO ATTO DEL DIPINGERE

Alessandro Scarabello

– Valentina Tebala

Alessandro Scarabello (Roma, 1979) vive e lavora tra il Belgio e l’Italia. Ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Roma e poi alla Royal Academy of Fine Arts (Kask) di Gand. Ha esposto in numerose istituzioni pubbliche e private italiane e internazionali tra cui il Royal Museums of Fine Arts e l’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles, il Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano, Palazzo Collicola di Spoleto e Palazzo delle Esposizioni di Roma.

Valentina Tebala/ Come hai iniziato a dipingere, e che tipo di approccio ha caratterizzato il tuo rapporto con il mezzo pittorico fino ad arrivare ad oggi?

Alessandro Scarabello/ Ho sviluppato naturalmente interesse per il disegno e subito dopo per la pittura durante gli anni del liceo, ma tutto parallelamente all’interesse per la musica. Lo dico perché l’attitudine al suonare è stata fondamentale e propedeutica allo sviluppo di un forte interesse verso il medium, e la porto tuttora con me.

VT/ La Storia dell’arte: è più una riserva di conoscenza o una fonte di ispirazione da cui attingere?

AS/ Penso che la Storia dell’arte sia un flusso che cambia le cose e come tale contamina e si fa conta- minare.

VT/ E la contemporaneità? Cosa – eventualmente – ti interessa riportare sulla tela rispetto alla precarietà del mondo e del vivere odierni?

AS/ Per me la contemporaneità è la tela. Quello che metto sulla tela è il tempo (materializzato) che mi prendo per contemplare la contemporaneità.

VT/ Roma, la tua città di nascita, ha avuto un forte influsso sul tuo lavoro e la tua espressione pittorica…

AS/ Non può essere diversamente. Nel bene e nel male, Roma è il difetto e insieme la soluzione, insiti nel modo in cui mi rapporto all’arte e alla pittura.

VT/ Del tuo gesto pittorico, rapido, talvolta irruento, mi colpiscono in particolare le sferzate di bianco lattiginoso ma anche luminosissimo. Che significato riveste per te il colore, e il colore associato alla forma, alla figura?

AS/ Il colore è un veicolo straordinario che, se cessa di essere venerato, diventa un vero strumento di indagine. Ho capito questo quando ho finito di cercare e trarre piacere dal colore. Il ridurre la tavolozza a pochi colori e talvolta riducendola al massimo a uno o due, mi ha permesso di arrivare alle cose in modo più diretto e concentrato per afferrarne lo stato effettivo. L’uso del bianco ricorre molto spesso nelle mie opere e credo abbia la funzione di imprimere/ fermare il momento più viscerale dell’azione panica e instabile del dipingere.

Dall’alto: BANQUET, 2018. Olio su tela, 101×89 cm. Collezione privata. UNTITLED, 2017. Olio su tela, 101×89 cm. Collezione privata. Per entrambe courtesy The Gallery Apart.

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