Pompeii Commitment. Materie archeologiche presenta la Digital Fellowship dell’artista Sophia Al-Maria, intitolata Thirsty for Ruin.

Sophia Al-Maria è un’artista la cui pratica creativa è radicata nell’esplorazione della narrativa speculativa come strumento per recuperare storie cancellate e voci soppresse. In occasione della sua Digital Fellowship presenta una speculazione storica in forma di invocazione sonora, appositamente concepita per Pompeii Commitment. Materie archeologiche grazie a una collaborazione con il compositore Patrick Belaga. 

Thirsty for Ruin ha origine 30 chilometri a nord-ovest di Pompei, nei pressi dell’antico porto romano di Puteoli, l’odierna Pozzuoli. Qui, nel 2023, gli archeologi hanno portato alla luce i resti sommersi di un tempio nabateo — il primo rinvenuto al di fuori dei territori dell’antico regno arabo — che ha rivelato importanti informazioni su come la cultura, il commercio e le pratiche religiose dell’antica civiltà araba si diffusero fino al centro dell’Impero romano. In concomitanza con l’assorbimento del Regno nabateo nell’Impero romano, e la successiva creazione della provincia romana dell’Arabia Petrea nel 106 d.C., il tempio fu demolito e abbandonato all’inizio del II secolo d.C., riempito di cemento e di vari frammenti di materia, secondo la tipica tecnica romana di profanazione. A partire da tale scoperta archeologica, Al-Maria immagina uno scontro tra una sacerdotessa nabatea e una sacerdotessa romana di Venere pompeiana, radicato nelle tensioni scaturite dalla dominazione imperiale da parte dei Romani. La sacerdotessa nabatea, lontana dalla sua terra, si avvale di uno specchio di ossidiana per trasmettere la sua furia contro l’Impero Romano per aver appropriato e occidentalizzato la sua dea di pietra nera, trasformandola nella Venere romana di marmo bianco. Lo specchio di ossidiana, tradizionalmente rinomato per le sue funzioni apotropaiche, diventa allo stesso tempo un portale e un’arma. La sacerdotessa maledice l’Impero Romano e, con un’invocazione, dichiara che il cuore vulcanico della dea Al-Uzza, frammentato e profanato, si vendicherà, predicendo una vendetta sotto forma di eruzione vulcanica. Essa chiede alla sua dea che i templi e le città dell’impero vengano sconsacrati e distrutti, riempiti di terra e sassi, così come gli stessi Romani avevano profanato le culture da essi sottomesse. Thirsty for Ruin è presentata sotto forma di invocazione sonora grazie ad una collaborazione con il compositore Patrick Belaga, che ha alterato la voce dell’artista incanalando la possessione divina della sacerdotessa nabatea. Distorsioni gutturali e suoni geologici trascinano l’ascoltatore nelle viscere della terra, prima di esplodere in un testamento furente che denuncia l’ideologia imperiale di conquista, cancellazione e assimilazione culturale.

Attraverso una combinazione di meditazione, pratiche mistiche e ricerca rigorosa, Al-Maria cerca di colmare il divario tra il plausibile e il possibile. Il suo approccio sfida la legittimità delle narrazioni dominanti, mettendo in discussione i modi in cui la storia è stata raccontata per oscurare le realtà interconnesse delle antiche civiltà, accostabili, nella loro possibile somiglianza, a analoghi processi contemporanei. Lo specchio di ossidiana, non diversamente dalla Pietra Nera incastonata nel muro della Kaaba (o Kaʿba) alla Mecca, diventa così un canale per la memoria e la punizione. Esso smaschera i cicli di conquista e quelli contrapposti di resistenza che persistono ancora oggi e denuncia ogni ideologia di matrice imperiale che attutisce e cancella le voci e le identità alternative di coloro che pretende di liberare. Attraverso il suono e la narrazione, Thirsty for Ruin trascende il tempo e lo spazio e abbraccia l’innata natura trasversale dell’archeologia, del mito e della storia.

Dal 2022 il programma di Digital Fellowship consente artiste e artisti, curatrici e curatori, ricercatrici e ricercatori di svolgere per un periodo di alcuni mesi una ricerca estesa – sia a distanza che in situ – concentrandosi su aspetti connessi alla storia, alle simbologie, alle narrazioni e ai possibili significati del sito pompeiano. Le Digital Fellowship promuovono la ricerca artistica e curatoriale all’interno del contesto unico, stratificato, trans-temporale e multi-specie di Pompei e sono parte di Pompeii Commitment. Materie archeologiche, primo programma d’arte contemporanea a lungo termine istituito dal Parco Archeologico di Pompei.

 

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Credits: Sophia Al-Maria, Thirsty For Ruin, 2024. Courtesy the Artist. Design by Amaranto.

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