PAINT! PAINT! PAINT! | Intervista a Irene Balia

a cura di Alberto Ceresoli e Carmela Cosco

Alberto Ceresoli|Carmela Cosco/ Che cosa cerchi nella pittura e che discorso sostiene il tuo fare pittorico?

Irene Balia/ Cerco di fissare sulla tela qualsiasi cosa sia rimasta nella mia testa. A volte sono semplicemente dei ricordi, oppure sensazioni che un oggetto mi ha lasciato, il pensiero della scena di un film o l’immagine di una canzone o di un libro. Cerco di tradurre tutto questo in pittura e di restituirlo a chi guarda, facendolo mi trovo ritratta negli oggetti e nelle persone che dipingo.

AC|CC/ Processi, tempi, impegno o disimpegno nel lavoro. Raccontaci del tuo approccio alla pittura. Come si articola il processo di formalizzazione dell’opera? Come vivi il tuo studio? Rigore o elasticità progettuale?

IB/ Direi che sono più vicina al rigore. Dipingo sempre nello stesso spazio, sullo stesso cavalletto nella stessa posizione. Quando ho bisogno di una pausa pulisco tutto: i pennelli, le ciotole in cui mischio il colore, i piatti che uso come tavolozza. Con le idee più chiare ricomincio e risporco tutto. Questo rapporto con lo spazio lo riconosco anche nel processo specifico del lavoro ma ad un certo punto il rigore finisce. Quando inizio un dipinto ho in mente un’immagine precisa ma allo stesso tempo ho un’idea molto vaga di quello che sarà il risultato finale. Questo significa che parto da un soggetto che quasi mai alla fine del lavoro è il vero soggetto del quadro. Mi ritengo molto lenta nell’esecuzione, e il quadro cambia come cambio io nei giorni. Penso sia questo il motivo della differenza dell’idea iniziale da quella finale. Ci tengo a precisare che questo rigore che io riconosco nel progetto e processo non ha niente a che fare con il rigore dello spazio, in altre parole: sono molto disordinata.

AC|CC/ Ci interessa il tuo rapporto con la materia pittorica. Ci interessa il tuo rapporto con supporti e materiali. Scelte e affezioni?

IB/ Quando penso alla materia pittorica penso al rapporto che ho con i lavori di altri pittori. La prima attrazione che provo verso un dipinto che vedo per la prima volta è quella della materia. Mi piace vedere il colore e riconoscere le pennellate su cui si muove. Io lavoro con acrilico su tela, ma negli anni ho lavorato con i colori a olio, i pigmenti, la tempera all’uovo, la grafite e la colla di coniglio. E ho amato tutto. Mi capita spesso di pensare di riusare uno di questi materiali (soprattutto l’olio e i pigmenti) ma penso che, per il momento pittorico che sto vivendo ora, l’acrilico sia ancora il mezzo giusto. Più avanti chissà.

AC|CC/ Astrazione o figurazione?

IB/ Per quanto ci siamo detti sino adesso, non ho dubbi nel rispondere figurazione.

AC|CC/ Ti chiediamo un pensiero iconografico rispetto alla tua produzione pittorica. Riferimenti e influenze?

IB/ Per la varietà di influenze che ho attraversato, trovo difficile rispondere a questa domanda. Allora rispondo così: vorrei essere un incrocio tra Piero della Francesca e Henri Matisse.

Dall’alto: Errore romantico, 2020. Acrilico su tela, 160×140 cm. Carezze qui, carezze là, 2021. Acrilico su tela, 30×40 cm. Courtesy dell’artista. 

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