PAINT! PAINT! PAINT! | Intervista a Davide Quartucci

a cura di Alberto Ceresoli e Carmela Cosco

Alberto Ceresoli|Carmela Cosco/ Che cosa cerchi nella pittura e che discorso sostiene il tuo fare pittorico?

Davide Quartucci/ Vivo l’arte come la costruzione di un mondo altro. Mi interessa l’uomo, soprattutto la dimensione dell’infanzia e della vecchiaia. Cerco sfumature demenziali che mi consentono di concretizzare visioni e stimoli. La ricerca del demenziale è un modo di approcciarsi al mondo, un modo per alterarne la percezione. Voglio creare contrasti elogiando la dimensione dionisiaca della carne che. Appaiono vecchi che si comportano da bambini, che giocano nudi su pozzanghere o fingendosi dei marinai mentre fanno il bagno e così via. Mi interessa anche l’aspetto fiabesco, che viene inebriato anche esso di demenza e di morte. Mi voglio rifare all’aspetto morfologico della fiaba per alterarne la sua struttura. La pittura è un medium con cui concretizzo queste visioni. In base al risultato che ricerco decido se andare verso la pittura, la scultura, il video o la fotografia.

AC|CC/ Processi, tempi, impegno o disimpegno nel lavoro. Raccontaci del tuo approccio alla pittura. Come si articola il processo di formalizzazione dell’opera? Come vivi il tuo studio? Rigore o elasticità progettuale?

DQ/ Sono perennemente in conflitto. Mi piace la confusione e non rinnego le mie crisi. Lavoro con una certa costanza, e questo mi permette di mantenere un approccio elastico e un atteggiamento autentico con l’arte. Mi piace leggere saggi, romanzi, fiabe; la lettura è un vagabondaggio interiore. Amo moltissimo anche i cartoni animati Disney, soprattutto degli anni ’30. Dagli stimoli visivi e delle letture rielaboro ciò che mi salta in mente e sono spinto a concretizzare queste immagini, che mi rappresentano sempre. I miei personaggi sono sempre autoritratti interiori. In studio mi sento il padre di tutto ciò che sta al suo interno. Sono molto affezionato ai miei lavori. Quando entro in studio so che molto probabilmente andrò a concepire un altro figlio e questo mi da felicità, anche se il suo formarsi costa molta fatica interiore. Poi amo ascoltare musica; quando sono al lavoro ascolto spessissimo musica classica, musica celtica o qualsiasi musica prodotta con violini e fisarmoniche .

AC|CC/ Ci interessa il tuo rapporto con la materia pittorica. Ci interessa il tuo rapporto con supporti e materiali. Scelte e affezioni?

DQ/ Per ora ho un rapporto difficile con la materia pittorica: ricerco nella pittura la sua specificità, quindi cerco di sfruttare al meglio le possibilità che mi offre questo medium, ma a volte non ci riesco. Credo che alcuni miei lavori pittorici abbiano più a che vedere con la scultura. Sono in continua sperimentazione. Adoro lavorare con i colori a olio, i quali mi permettono con più facilità di concretizzare l’instabilità della carne e del mondo. In più mi piace manipolare il colore sulla tela, e con l’olio ho sempre la resa che cerco. Per quanto riguarda la superficie, ho un buon rapporto con il supporto pittorico. Non ho paura della tela bianca. Si fa guardare con premura aspettando il solletico del pennello. Quando le sto davanti ed è ancora bianca mi viene sempre da pensare “come sarai?”.

AC|CC/ Astrazione o figurazione?

DQ/ Per come vivo la pittura oggi direi figurazione. Le immagini e le visioni che ho in testa richiedono di assumere forme concrete e di essere viste. Mi piace plasmarle in modo figurativo. Tengo molto al fatto di far vedere come un’azione si sta svolgendo e il suo contesto. Nei miei quadri il contesto è spesso legato all’ambiente naturale. La dimensione terrena e carnale deve essere sempre riconoscibile. Far vedere la terra, l’erba, il fango, gli alberi e la natura in generale significa, per me, far vedere la condizione umana. In più, la manipolazione della morfologia della fiaba, che rende inevitabile la conoscenza dell’immaginario collettivo, mi spinge verso la strada della figurazione.

AC|CC/ Ti chiediamo un pensiero iconografico rispetto alla tua produzione pittorica. Riferimenti e influenze?

DQ/ Sono nato e cresciuto circondato dal mare e dalle colline marchigiane e mi hanno sempre affascinato le piccolezze della natura. Quando studiavo al liceo artistico ho conosciuto gli impressionisti, e tutt’ora conservo un occhio di riguardo per Monet. Nutro un certo fascino anche per il pittore tedesco Hermann Hendrich. Iscritto all’Accademia di Brera ho scoperto artisti contemporanei, e cito Paul McCarthy, che mi stanno guidando nella mia ricerca. Ho avuto poi modo di riscoprire Giorgio Morandi e Alberto Giacometti, che amo molto. Mi piacciono molto i disegni di De Kooning, l’impatto e la forza dei lavori di Francis Bacon, di Ed Kienholz e di Damien Hirst, il modo di concepire il lavoro di John Cage. Coltivo interesse anche per Francis Alys e Mike Kelley. Esclusa la storia dell’arte, come già detto prima, leggo molte fiabe e favole e mi piacciono i cartoni animati. Vorrei viaggiare in Islanda. Mi sto appassionando di fiabe islandesi: proietto molto i miei personaggi nelle vicende di questi racconti. In più l’Islanda ha dei paesaggi bellissimi. Adoro anche il fatto che, in Islanda, ci siano moltissime pecore.

Dall’alto: Pomeriggio con il nonno, 2022. Olio su tela, 120×80 cm. Nella pozzanghera, 2021. Olio su tela, 100×80 cm. Per entrambe courtesy dell’artista.

© 2022 BOX ART & CO.

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