PAINT! PAINT! PAINT!

Intervista a Thomas Scalco

di Alberto Ceresoli e Carmela Cosco

Alberto Ceresoli|Carmela Cosco/ Ad apertura di questo scambio ti vogliamo chiedere che cosa cerchi nella pittura; che discorso sostiene il tuo fare pittorico?

Thomas Scalco/ Parte tutto dal tracciare un segno per fermare un’idea, per visualizzare un’intuizione, l’appena percepito. Nella mia visione si tratta di un processo inscindibile dal quotidiano: per quanto il mio lavoro possa essere indicato con aggettivi come onirico, immaginifico o via dicendo, lo considero una sorta di diario per immagini, strettamente connesso alla realtà. Ogni pagina in questo senso, ogni lavoro, è un passo in avanti, un aprire gli occhi progressivamente verso la realtà che ci circonda.

AC|CC/ Processi, tempi, impegno o disimpegno nel lavoro. Raccontaci del tuo approccio alla pittura. Come si articola il processo di formalizzazione dell’opera? Come vivi il tuo studio? Rigore o elasticità progettuale?

TS/ In questo preciso momento mi manca terribilmente il mio studio, ma sto organizzandomi altrimenti. Rispondo alla domanda così: il rigore negli intenti, l’elasticità nei tempi. Il fare pittorico si alterna all’insegnamento e alle escursioni (una potente fonte di immagini), rimestandosi e sedimentandosi, per riemergere in sintesi, talvolta in modo improvviso, nelle opere. Le stesse non nascono da un’idea precisa, benché la strada di fondo sia chiara, ma da una sensazione, un pensiero o un’immagine che in quel dato momento si manifesta, con la necessità di coltivarla e farla crescere, dandole forma.

AC|CC/ Pittura-pittura, pittura espansa, pittura! Ci interessa il tuo rapporto con la materia pittorica. Ci interessa il tuo rapporto con supporti e materiali. Scelte e affezioni?

TS/ Per quanto declinata in varie forme la mia ricerca è totalmente pittorica. Mi sono formato come pittore. Malgrado i limiti che per alcuni ha questo mezzo, vi trovo, rispetto ad altri, un carattere estremamente affascinante: la capacità di andare a fondo nella realtà, di sviscerarla. Mi piace come la stessa pratica, lo stesso identico atto, ripetuto su superfici diverse, risponda in modi differenti, un po’ come avviene nelle relazioni tra le persone. Il modo differente in cui una velatura entra in rapporto con la carta, la tela, il metallo o la tavola, è estremamente rivelatrice. Questo atteggiamento si risolve nella pratica in un continuo tornare, passaggio su passaggio, con un atto di attenzione e cura, che genera profondità. Lo stesso discorso può essere fatto per le sculture. La forma si relaziona con lo spazio sfruttandone dislivelli e asperità, mimetizzandosi.

AC|CC/ Astrazione o figurazione?

TS/ Entrambi e nessuno dei due. Ho scelto, o meglio mi è successo perché ci sono arrivato quasi naturalmente, di restare sulla soglia, per vedere cosa sarebbe accaduto. Quindi segni e sfumature, colori innaturali ma evocativi di elementi organici, naturali e cristallini, al contempo percezioni di paesaggi, cieli, rocce, che divengono forme indefinite, indistinte, masse buie e luminose, onde e nuvole. Trovo che questa indefinitezza mantenga l’opera vibrante e “viva” permettendole di comunicare a più persone.

AC|CC/ Ti chiediamo un pensiero iconografico rispetto alla tua produzione pittorica. Riferimenti e influenze?

TS/ Ci sono sicuramente degli artisti o movimenti che ammiro più di altri e con i quali sento delle affinità, ma sarebbe davvero una lunga lista. In questo momento ho aperto sul tavolo un catalogo di Tirelli, una pubblicazione con la serie dei Capricci di Tiepolo e un libro sull’arte persiana antica.

Dall’alto: Origine, 2019. Olio e acrilico su tela, 50×70 cm. Monochromo, 2017-2018. Tecnica mista su tela, 110×125 cm. Per entrambe courtesy dell’artista e Superstudiolo.

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