Luoghi di lavoro come spazi espositivi. Per un mutamento del paradigma attraverso l’arte | Irene Sanesi

Intervista di Loredana Barillaro |

Cara Irene, puoi presentarti ai lettori di SMALL ZINE? Cosa puoi raccontartici di te?

Irene Sanesi/ Che sono un’autodidatta. Che ho amato le humanities ed in particolare l’arte da quando ero piccola. E che sono la terza generazione di dottori commercialisti in famiglia… della serie: scegliere la facoltà di Economia mi è venuto facile. Solo che il tempo ha fatto riaffiorare l’antica passione orientandola su una traiettoria nuova e diversa: l’economia della cultura.

Un elemento fondamentale del tuo lavoro è l’arte, tu stessa lo definisci “passione totalizzante”. Come riesci a conciliare l’anima del dottore commercialista con l’indole legata al mondo dell’arte?

IS/ L’arte è in effetti una passione totalizzante, che ho unito insieme al volontariato istituzionale, per cui mi sono dedicata alla gestione di enti culturali, e poi alla professione. Ho la fortuna che il mio studio, BBS-pro, ha dimensioni notevoli e all’interno c’è un gruppo fantastico che mi ha permesso di curare la parte di sviluppo strategico dell’economia della cultura e dell’arte seguendo la mia stella. Sembra una nicchia ma in realtà ha mille sfaccettature: dalla fiscalità al fundraising, dal project management al controllo di gestione. Certo, il bello è che questi ambiti li applichi al mondo della cultura: musei, teatri, artisti, collezionisti e molto altro. Un’ampia nicchia, per usare un ossimoro.

BBS pro sta compiendo un lavoro importante e lungimirante nel far entrare, letteralmente, artisti e opere d’arte nei suoi spazi di lavoro. Quanto ancora si deve compiere affinché questo diventi una pratica condivisa nei vari settori lavorativi, limitando i numerosi pregiudizi che ancora vi ruotano intorno?

IS/ È vero, sono oltre 10 anni che abbiamo lanciato il progetto “arte nei luoghi di lavoro” e uno studio professionale come BBS lo è eccome. L’arte, che è la cosa più contemporanea e popolare del mondo, rischia di chiudersi in un sistema autoreferenziale ed esclusivo se non cura la dimensione del welfare che oggi è centrale. L’arte e gli artisti sono vere e proprie medicine di benessere. Prima il ragionamento era più incentrato sul portare l’arte fuori dai luoghi deputati e canonici come musei e gallerie. Oggi l’istanza formidabile sul tavolo è che l’arte fa bene e cura. Ci sono prove scientifiche che lo dimostrano, l’arte è molto di più di un divertissement.

Occuparsi di arte è certamente anche sinonimo di amore e attenzione per il territorio in cui si vive, le tue esperienze in tal senso sono molteplici, me ne parli?

IS/ Aver ricoperto cariche istituzionali in musei, fabbricerie, fondazioni, mi ha permesso di mettere a disposizione come servizio gratuito per la comunità e il territorio il mio profilo professionale (le competenze le valuteranno gli altri) e anche di lavorare su una palestra che non era quella della consulenza ma della responsabilità piena. Garantisco che è tutto un altro punto di vista. Oggi, tra gli altri, sono nei board di Museo Galileo, Aici associazione degli istituti di cultura italiani, Accademia delle arti del disegno. Sto facendo quello che gli anglosassoni chiamano “Give back”: restituire quanto si è ricevuto, un po’ come nella parabola dei talenti. Le istituzioni culturali per continuare ad esistere hanno bisogno di pianificazione, sostenibilità, visione. Tutti ingredienti per cui anche una commercialista come me può dire la sua e, a volte, fare la differenza.

Per finire, come descriveresti le sedi di BBS pro in quanto luoghi di incontro fra arte lavoro? Cos’è che li connota?

IS/ Le sedi di BBS sono bellissime, lo dico convintamente e per merito di una visione e di una scelta che abbiamo condiviso da sempre con l’altro socio, Stefano Ballerini, insieme a mio padre. Il luogo in cui lavoriamo è forse quello dove trascorriamo la maggior parte del nostro tempo e la componente estetica e funzionale è importante. Spazi belli e accoglienti non sono soltanto comodi, sono ispiranti. La luce per esempio è una presenza decisiva: quella dell’archeologia industriale della sede pratese e quella che dal lungarno penetra nello studio di Firenze. Un altro tratto distintivo sono le opere che vengono collocate, che sono tutte pensate site specific dal nostro curatore Davide Sarchioni insieme agli artisti. L‘esperienza che si vive non sono dei quadri appesi ma la presenza vivente di un messaggio artistico che è anche politico nel senso più alto e bello del termine: per la polis, per la comunità. A partire dalla comunità di chi ci lavora ed estendendosi poi ai clienti di BBS-pro, ai visitatori. La scorsa settimana è venuto un artista da Milano apposta per visitare la mostra di Giulio Alvigini a Prato: del nostro progetto incuriosisce molto anche l’aspetto relazionale, sociale e di welfare culturale insieme a quello artistico.

 

Breve biografia di Irene Sanesi

Irene Sanesi, dottore commercialista ed economista della cultura, si occupa di project e change management, filantropia strategica, economia, gestione, controllo e fiscalità della cultura, con attività di consulenza, formazione e apprendimento organizzativo per soggetti privati e pubblici. Ha ricoperto e ricopre incarichi di volontariato istituzionale in enti culturali di rilievo nazionale: tra questi è stata la Presidente di Opera di Santa Croce e del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci e ad oggi è nei CdA di AICI, Museo Galileo e CCW Center of Cultural Welfare. Partecipa a convegni, talks, conferenze in qualità di relatore o di keynote speaker. 

Dall’alto: Un ritratto di Irene Sanesi; Veduta della mostra “Bloom” con un’opera di Francesca Pasquali nella sede BBS pro di Firenze; veduta della mostra “Still Life” di Chiara Bettazzi e veduta della mostra “Hyperw(e)ave” di IPER-Collettivo, nella sede di Prato. Per tutte courtesy Irene Sanesi e BBS pro.

 

© 2024 Loredana Barillaro e SMALL ZINE

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