di Loredana Barillaro
Le fiere, in Italia come all’estero, sono il termometro, oltre che del mercato a cui sono sostanzialmente dedicate – tastando gli umori dei collezionisti – anche delle tendenze più strettamente legate alla ricerca; ci dicono infatti cosa viene venduto di più e cosa meno, ossia verso quali generi o nomi si orienta l’acquisto. Che cosa “registrano” dunque le fiere d’arte, e che cosa ne decreta il successo? Il collezionista tipo che acquista in fiera è uguale per tutte le rassegne o si rilevano differenze, anche a partire dal concept di ciascuna di esse? In sostanza, senza le fiere, come andrebbe il mercato in Italia? Ebbene, quello che emerge è che dietro una fiera c’è sempre un grande lavoro, un dare e un ricevere, un fornire risposte per rinnovarsi, anche in virtù di ciò che viene richiesto. Uno scambio, dunque, fra quelle che sono le scelte dei collezionisti e quelle di chi propone, in un contesto che non sia di competizione ma di proficua collaborazione. Confermandosi luoghi di incontro fra esigenze, aspetti, visioni – imprescindibili gli uni dagli altri – le fiere possono pertanto realizzare un sistema virtuoso in grado di coinvolgere il pubblico in una sempre maggiore attenzione verso l’arte…
ILARIA BONACOSSA
Il sistema fieristico nel suo complesso è uno specchio fedele del mercato dell’arte, ma ogni fiera offre un punto di vista specifico. Artissima, in particolare, vuole essere lo specchio delle gallerie che fanno ricerca e che sostengono il lavoro dei propri artisti, anticipando tendenze e nuove modalità di produzione artistica. Credo che una fiera per avere successo debba puntare su alcuni elementi chiave: una precisa identità, un rapporto di lungo termine con le gallerie che vi partecipano, una visione delle trasformazioni del mercato dell’arte e la volontà di precorrere i tempi. Ad Artissima sono riconosciute una vocazione dinamica che contribuisce alla crescita del mercato italiano, l’attenzione verso le pratiche sperimentali, il ruolo di trampolino di lancio per artisti emergenti e la vitalità che si ripercuote su tutta la città di Torino. I collezionisti di Artissima vengono da tutto il mondo, nel 2019 ne abbiamo accolti circa 5.500 provenienti da 36 Paesi, tra affezionati e nuove presenze, a dimostrazione del lavoro di espansione anche geografica della fiera. Sono curiosi e appassionati, pronti a scommettere: si fidano della nostra competenza scientifica e del lavoro di ricerca che svolgiamo costantemente. Sono coraggiosi, capaci di intuire le trasformazioni della scena artistica investendo su lavori di talenti emergenti, sanno valorizzare opere non sempre ovvie o conosciute, ma capaci di farci guardare il mondo con una prospettiva diversa. Come andrebbe il mercato in Italia senza le fiere? Difficile analizzare il suo andamento escludendole, non solo in Italia ma a livello internazionale. Questo perché le fiere si inseriscono in un “sistema dell’arte” fatto di vendite ma anche di scambio reciproco di informazioni e legittimazione tra musei, riviste e gallerie. La quantità di informazioni con la quale veniamo bombardati sembra in costante cresci- ta e l’accesso in pochi giorni a tutti gli stakeholder del mondo dell’arte è una preziosa occasione di confronto. Spesso si lamenta che i collezionisti frequentino poco le gallerie e vadano in fiera perché in poco tempo hanno accesso a un’offerta molteplice e interessante. A mio avviso il rapporto tra fiere e gallerie non deve essere vi- sto come antagonistico ma collaborativo con l’obiettivo, nel caso di Artissima, di sostenere una filiera produttiva che scopre e promuove i talenti riconoscendo all’arte un valore simbolico al di là di quello puramente commerciale di investimento. Ilaria Bonacossa
Andando a monte della questione, penso che ragionare sulla partecipazione delle gallerie alle fiere resti il principale termometro e criterio in base al quale il collezionista sceglie le proprie gallerie. È chiaro che recarsi ad una fiera come Art Basel ad esempio, una delle fiere storiche della scena artistica europea, tra le più rilevanti, vuol dire per professionisti e collezionisti, di ogni tipo, provenienti da ogni angolo della terra, visionare la proposta delle migliori gallerie a livello internazionale e, di conseguenza, orientarsi sui pezzi dei migliori artisti. Le fiere sono piattaforme di mercato e credo che la maggiore distinzione in termini di valore, per la fiera stessa rispetto alle al- tre, la faccia principalmente il ricorso ai criteri di selezione delle gallerie in grado di promuovere livelli di qualità o di innovazione elevati, puntando costantemente a soddisfare la domanda del collezionismo più informato o raffinato. Inoltre, una delle principali ragioni del successo delle fiere d’arte è che esse offrono una chance unica di vedere sotto lo stesso tetto moltissime gallerie provenienti da varie parti del mondo, forniscono ai collezionisti un’occasione impareggiabile di visionare tante opere, scambiare informazioni, confrontare i prezzi, e di avvicinare all’arte contemporanea i collezionisti al “primo approccio” facendogli prendere confidenza con galleristi, prezzi e informazioni. Le fiere sono fondamentali per farsi un’idea – in un’unica sede, magari anche restando in Italia – del meglio del panorama galleristico a livello internazionale. Ma, di contro, le gallerie sono il motore dell’arte, e la fiera non potrà mai competere con una galleria in termini di intimità o di vicinanza con l’artista, per cui da questo punto di vista penso che il loro ruolo resti complementare. Marianna Agliottone
Marianna Agliottone è Curatrice, Saggista, Studiosa dei fenomeni del collezionismo. Coautrice del saggio Il piacere dell’arte. Pratica e fenomenologia del collezionismo contemporaneo in Italia, pubblicato da Johan & Levi Editore nella collana Arte/Economia. Docente di Economia della Cultura all’Accademia di Belle Arti di Napoli.
STEFANO RAIMONDI
Mi piace immaginare le fiere come un momento di sintesi, di approfondimento, di crescita e di coinvolgimento del territorio. In un contesto ampiamente globalizzato, ogni fiera deve essere capace di costruirsi e promuovere la propria identità e brand. Questo è sicuramente l’aspetto su cui ArtVerona si caratterizza maggiormente, ponendo molta cura e attenzioni ai collezionisti, offrendo uno sguardo attento alla modernità e l’altro rivolto alla ricerca e innovazione. Più i valori e la visione artistica su cui poggia una fiera sono chiari e interessanti e molto più facilmente la fiera assolverà alla sua funzione primaria, ossia di soddisfare chi partecipa come collezionista o curioso e chi come gallerista. Per questo le fiere dovrebbero, molto più di quello che fanno, concorrere insieme alla creazione di un sistema virtuoso che diffonda e tramandi l’interesse verso l’arte e il desiderio di collezionarla. Mi piacerebbe, per esempio, pensare a una rivista dedicata esclusivamente alle fiere d’arte e concepita nei suoi contenuti dai protagonisti delle stesse. Il collezionista è prima di tutto una persona curio- sa, attratto da un linguaggio complesso e meraviglioso come è l’arte. Ogni collezionista ha una fiera con cui si sente in sintonia ma allo stesso tempo il suo animo “insonne” lo porta a essere sempre aperto a nuove proposte e ricerche. Le fiere sono un appuntamento importante, a volte decisivo, per il mercato dell’arte in Italia e hanno una forte responsabilità in quanto sono promotrici di un gusto e di una visione che si tramanda nel tempo e che deve essere caratterizzata sempre dalla più alta chiarezza e qualità. Stefano Raimondi
Stefano Raimondi è Direttore di ArtVerona.
Dall’alto: Un ritratto di Ilaria Bonacossa, Direttrice di Artissima, prima fiera internazionale d’arte contemporanea in Italia. © Giorgio Perottino/Artissima. Courtesy Artissima. Un ritratto di Marianna Agliottone. Courtesy Marianna Agliottone. Un ritratto di Stefano Raimondi. Foto © Paolo Biava. Courtesy Stefano Raimondi.
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