a cura di Monica Cecchini
fino al 3 aprile 2022
Incinque Open Art Monti, Roma
In questo tempo collettivo molto delicato, in cui l’apatia e l’alienazione delle relazioni e la paura dell’altro hanno un ruolo dominante, il rapporto esterno/interno ha subito una sospensione imprevedibile, della quale non abbiamo ancora elaborato e compreso la trasformazione. Sembra, quindi, necessario e urgente farsi domande, indagare, sperimentare ed elaborare con l’intento di comunicare e condividere per comprendere il profondo ma allo stesso tempo sottile legame tra il vissuto e l’io, tra lo scorrere fluttuante e violento del mondo esterno e quello sanguineo del nostro emotivo essere. Nel rapporto interno/esterno c’è sicuramente una superficie intermedia, che potrebbe essere rappresentata dai luoghi quotidiani, dalla casa che abitiamo ma anche dalla pelle del nostro corpo. Una sorta di filtro che ci restituisce una immagine di noi stessi, che ci protegge ma nello stesso tempo permette il rapporto con l‘esterno; come descritto nel fondamentale studio su L’io-pelle dello psicoanalista francese Didier Anzieu (1985).
La superficie intermedia tra il mondo interno e il mondo esterno della persona e quel limite per la comprensione del rapporto tra la nostra mente e l’organizzazione pratica di come ci rappresentiamo al mondo esterno sono, così, concentrati nel concetto di “abitare”. L’etica dell’abitare è legata al sillogismo dell’ESSERE con gli altri e con se stessi, nell’ambiente chiamato casa e in quello chiamato corpo. Nel suo modo di abitare, esserci, arredare e calzare la quotidianità, l’uomo mette in pratica la più primordiale delle azioni, quella che tra tutte sfugge al suo stesso controllo: vivere e “stare”. L’indagine diventa profonda e scava per gettare le fondamenta. Farsi casa e farsi abitante allo stesso tempo, prima ancora di cercare quel focolare luogo sicuro, per farsi scudo da intemperie e pericoli. Recinto e tetto, quanto basta per imporre dei limiti alla visione archetipa di casa. Entra quindi in gioco l’architetto che indaga i luoghi, non li invade, ma li esalta, plasma la materia sulla necessaria e razionale esigenza dello stare bene, pensando nell’atto creativo prima che per gli altri per se stesso. Farsi abitante prima che architetto, viversi prima che vivere.
L’abitante si fa attivo in questa elaborazione e nella ricerca di ristabilire nuovi equilibri per trovare un nuovo alfabeto psichico ed emotivo dell’esistere tra il dentro e il fuori. Come tessitori di una nuova pelle, gli artisti indagano, perlustrano, affondano con coraggio le mani, per trasformare questo spazio, mai definito, ma che ora più che mai sembra destrutturato. Cercano nuove soluzioni, creano confronto, dialogo prima con se stessi e poi con l’altro mantenendo viva la creazione di un non-luogo, alimentando l’adattamento e nuove strategie dell’abitare emotivo e psichico della vita stessa.
Incinque open art Monti si fa casa e spazio fisico accogliente di alcune riflessioni intorno a questo tema con la collettiva “(Co)Abito” così come la persona di Monica Cecchini, architetto e curatrice, si fa abbraccio psichico ed emotivo per accogliere le riflessioni, le interpretazioni, le domande e il sentire degli Artisti.
Marta Cavicchioni, Alessandra Maio, Ilaria Margutti, Maria Carmela Milano, ReBarbus, Camilla Urso e Davide Viggiano
Laboratorio a cura di Sivia Adiutori e Camilla Urso
Per info:
GALLERIA INCINQUE OPEN ART MONT, Roma
+39 39 349 2618428
incinqueopenartmonti@gmail.com | http://incinqueopenartmonti.com/