Ciò che resta del fuoco | La nuova istallazione di Giulio Murazzo a Pozzo Dolce di Termoli

di Enrico Turchi |

Un fondo dalla lunga base in marmo rosa del Portogallo, 2 metri per 1 metro, 100 kg di peso, incisioni sul lato superiore della superficie sdraiata a terra, riportanti il dolore rosso e deforme di una sagoma in fiamme. Anatomia di una lapide di cui ad oggi non è stato possibile completare la sigla in «Nome, cognome, nato, morto», unica certezza il 29/11/2023, in alto la scritta dell’epitaffio: «Fuoco brucia la nostra apatia».

L’istallazione Abusive che il giovane scultore Giulio Murazzo dell’Accademia di Belle Arti di Urbino, dedica ai più fragili e i dimenticati nel contesto della sua città di origine, per spronarci a non guardare sempre dall’altra parte, e ridare così dignità a un fatto che rischiava di passare sotto silenzio e nel solito oblio cui oggi ci abitua il consueto dilagare dell’indifferenza. Operazione coraggiosa e compiuta in principio senza autorizzazioni in un’area tristemente nota per il degrado urbano, ma che risponde alle necessità di una comunità di dare risposta tangibile alla tragedia, e per sollecitare attenzione affinché il fatto non torni più a ripetersi in futuro.

Il 29/11/2023 un rogo di origine ancora incerta interessa il chiostro dismesso nell’area localizzata sul lungomare di Termoli, nota come “Pozzo Dolce”. Una serie di lavori mai conclusi portano una zona pur centrale nel più completo abbandono, eletta a luogo di riposo per alcuni senza fissa dimora. È proprio un clochard la vittima dell’incendio, fatto che lascia inizialmente incerte le procedure di riconoscimento del corpo, creando intorno alla mancanza di identità ancor più disillusione sulle possibilità di recupero di una zona ormai ugualmente data per dimenticata. L’azione che Murazzo pensa di primo acchito in risposta all’accaduto è invece una sorta di memoriale per inverare il ricordo, la posa di una tavola in marmo come lapide incisa a pochi passi dal luogo dell’incendio. Un’arte performativa e “di protesta”, cui testimoniano una serie di scatti fotografici sul momento del fissaggio della lastra, e il girato di un video che immortala lo stesso processo nelle sue fasi alterne alla realizzazione.

L’intervento di Murazzo si esercita quindi nell’incisione di una lastra in marmo rosa, oggetto inutilizzato e riposto dapprima nei depositi dell’Accademia. Trasportata a Termoli in un furgone e lavorata in un garage, vi viene qui lasciata intatta la superficie già trattata artificialmente, mentre l’autore si concentra in uno scavo di solchi incisi sul marmo, percepiti affini all’azione del fuoco nella trasformazione e il consumo del materiale. Vengono così a delinearsi le fessure di una sagoma dai tratti fisiognomici insieme incerti, non marcati e comuni, come in un monumento al Milite Ignoto, al cui interno è impermeabilizzata e fissata per resistere una striscia di cenere, utilizzata alla stregua della vernice per i graffiti. Il rosso delle fiamme alla base ne collega tra loro i guizzi come le arterie di un sistema circolatorio, riportando l’insieme al contesto di una complessiva fisicità della figura. La sagoma segue poi le orme del materasso bruciato ritrovato sul luogo dell’incidente, unico resto cui l’autore aveva subito dedicato alcune fotografie. Seguendo lo stile tipico di Claudio Parmiggiani intorno al fango, l’ombra, la polvere, il fumo, la cenere e la fuliggine quali segni tangibili del tempo, Murazzo ritrova nell’assenza che lascia il segno del fuoco un nuovo motivo di poetica, dove la rappresentazione e il ricordo del trauma cercano di scongiurare l’avverso, solito destino a perdersi nel nulla. «La memoria sedimenta tracce che non si possono cancellare, resti che resistono alla distruzione della morte¹».

Perpetuare i motivi del ricordo e delle tracce di un vissuto come azione necessaria e mai scontata in tempi dove si accorciano le distanze ma aumenta la solitudine individuale, si allargano le prospettive ma a discapito di chi rischia di non riuscire a stare al passo, nel recuperare la sproporzione di possibilità che oggi ci offre l’innovazione. «Finalmente abbiamo un posto dove lasciare una rosa», tra i commenti all’opera sui social network. È notizia recente che il chiostro interessato dall’incendio sarà finalmente abbattuto, e forse così un lavoro nato dalla libera iniziativa individuale ha davvero contribuito al crescere di tutta una comunità.

 

¹Cfr. M. RECALCATI, Il trauma del fuoco. Vita e morte nell’opera di Claudio Parmiggiani, Marsilio Editori, Venezia 2023, p.100.

 

Dall’alto: Abusive, fase di lavorazione della lastra. Giulio Murazzo, Abusive, il lavoro al termine dell’installazione, credit Giulio Murazzo.  Abusive, pulizia del lavoro sul luogo dell’installazione. Per tuute credit Giulio Murazzo.

 

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