di Loredana Barillaro
“Genio” e “coraggio” sono le due parole che, nel teso in catalogo, Anna Wintour, storica direttrice di Vogue America, usa per parlare di “Chronorama”, aperta il 12 marzo scorso e fino al 4 gennaio 2024 a Palazzo Grassi di Venezia.
“Genio” perché è una mirabile rappresentazione della storia del costume a livello mondiale attraverso le straordinarie foto dei più grandi fotografi del mondo assieme a coloro che hanno decretato importanti tappe nel mondo dell’arte, dello spettacole, della politica, della storia. E dell’editoria.
“Coraggio” perché è questo che ci è voluto affinché i direttori di riviste come Vogue, Vanity Fair, Glamour, e molte altre del gruppo Condé Nast, decidessero di pubblicare sulle loro testate fotografie a tratti irriverenti, scandalose ma che proprio per questo sono arrivate sino a noi raccontandoci dal 1910 al 1980 un vorticoso fluire di eventi del secolo scorso. Opere d’arte quindi ma, prima ancora, fotografie giornalistiche, provenienti dall’archivio Condè Nast – acquisito oggi in gran parte dalla Pinault Collection – e mostrate al mondo in questa grandiosa esposizione a cura di Matthieu Humery.
Dunque genialità, coraggio e certamente lungimiranza, perché se oggi si possiamo riconoscere immediatamente chi o cosa è ritratto nelle foto vuol dire che i direttori che le hanno commissionate sono stati capaci di puntare lo sguardo lontano senza remore, con sicurezza a e grande intuito. Un evento, perché di questo si tratta, che ci dimostra come la fotografia “giornalistica” possa essere opera d’arte viva e al contempo potente elemento documentaristico, a tratti politico, capace di rinnovarsi nell’approccio alle singole epoche, ai decenni, e rivelare una funzione e una visione di volta in volta necessariamente nuova.
Ebbene “il giornalismo è arte?” si chiede ancora Anna Wintour, è la risposta è positiva, sì è arte, e nella contemporaneità ne siamo più convinti che mai, come dimostra Chronorama, in cui cui storia, fotografia, politica, arte, storia del costume sono un unico vasto e complesso linguaggio, capace di ripercorrere ottanta anni di vitalità mondiale offerta al pubblico di Palazzo Grassi. Berenice Abbott, Cecil Beaton, o ancora Irving Penn, Diane Arbus, Helmut Newton. Sono solo alcuni fra i nomi presenti in mostra, impossibile elencare un così complesso e variegato corpus.
Quattrocento fotografie vengono quindi collocate in un percorso cronologico così che sia chiaro come si sono evoluti il tempo e lo spazio considerati all’interno di quella che si profila come analisi culturale e politica. In origine queste foto venivano scattate a corredo di un testo, articolo o intervista ma le immagini, in fondo, sono sempre esemplificative prima delle parole, l’impatto che se ne riceve porta con sé un’inevitabile immediatezza. Esse vengono ora osservate e considerate in maniera autonoma, slegate dal contesto per cui erano state realizzate, sono divenute vere e proprie opere d’arte e nel loro insieme ci raccontano come sono andate le cose nel secolo scorso, un secolo che siamo chiamati noi stessi a ricostruire pecorrsendo, un passo alla volta, le sale di Palazzo Grassi.
Contemporaneamente e nel contesto di Chronorama possiamo ammirare le opere di 4 giovani artisti, chiamati a reinterpretare con lo sguardo della contemporaneità, attraverso i loro linguaggi. Sono Tarrah Krajnak, Daniel Spivakov, Giulia Andreani ed Eric N. Mack e sono i protagionisti di Chronorama Redux. Quattro artisti per quattro opere diverse, chiamati a confrontarsi con il passato custodito in questo straordinario “archivio” fotografico.
Tarrah Krajnak usa la fotografia come metodo artistico. L’atto fotografico è uno strumento per testimoniare prima e registrare poi. Daniel Spivakov trasla la fotografia sulla tela come, un’esplosione cromatica che scaturisce dalla pittura. Per Giulia Andreani, l’immagine fotografica è il punto da cui partire per dar vita a lavori popolati da personaggi che estrae da vecchi album di famiglia o archivi fotografici.
Con riferimenti alle pratiche della moda, Eric N. Mack prende in prestito immagini che raccoglie dalle pagine delle riviste e le integra con le sue sculture tessili. le fotografie degli archivi di Condé Nast hanno guidato l’artista nella scelta dei materiali e dei motivi. I strumenti cambiano, le figure e le trame si muovono e si mescolano in composizioni che mutano la loro natura.
Per entrambe: © Condé Nast. Installation view, CHRONORAMA. Photographic Treasures of the 20th Century at Palazzo Grassi, Pinault Collection, 2023. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi.
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