È stato in Rai di Milano che ho iniziato a lavorare nell’ambito della comunicazione. Da ragazza, all’Università e forse già anche prima, volevo fare televisione. Non essere in monitor, ma dietro le quinte: volevo occuparmi di tutto ciò che rende possibile quanto appare in video e in particolare dei testi e dei programmi stessi. E non per la TV commerciale: proprio per la Rai, per il servizio pubblico, per l’istituzione. E, pare incredibile a dirsi, agli occhi di mia madre questo faceva di me una ribelle, anzi quasi una sorta di peccatrice. Mia madre era un’intellettuale, insegnava lettere al liceo classico e aveva un’idea molto precisa dei valori culturali e sociali da perseguire con l’attività lavorativa, idea che non comprendeva certo la televisione tra le opzioni possibili per sua figlia. Comunque ho tenuto duro anche di fronte a critiche piuttosto aspre, e credo di aver fatto bene. Questa determinazione mi ha portata infatti a lavorare accanto a veri e propri maestri della comunicazione, lavorando a progetti mai banali o secondari e pian piano mi sono innamorata di questo mestiere, al punto da preferire la strada incognita di un ambito professionale impossibile da definire e spiegare a una madre, fluido, plasmabile, adattabile alla propria persona, mai uguale a se stesso e soprattutto sempre misterioso e da “dietro le quinte”, e sono approdata nel mondo delle agenzie di comunicazione. Ho quindi lavorato – come una indemoniata – per un decennio in due grandi studi milanesi di comunicazione. Il primo, generalista, operava con clienti di ogni tipo, dall’industria alla politica, dalla cultura alla sanità, tutto a livelli altissimi; nel secondo, invece, specializzato in ambito culturale, ha avuto inizio il mio percorso più radicale, iniziando la sfida di portare tutto ciò che avevo appreso nelle precedenti esperienze in un settore che sul fronte della comunicazione era molto ingenuo o poco attrezzato.
È stato un periodo di grandi responsabilità e iniziai a sentire un crescente desiderio di fondare una mia agenzia, che volevo caratterizzata da un elemento allora di assoluta novità, quello dell’altissima specializzazione professionale nel settore della comunicazione per l’arte e della cultura, ma nella mia “interpretazione” e con regole che mi corrispondessero pienamente. Avevo ben chiaro in mente un aspetto del lavoro che volevo fare: la comunicazione non doveva e non poteva più essere pensata come qualcosa di diverso e successivo rispetto al progetto stesso. I contenuti e le loro modalità di comunicazione sono essenzialmente uniti. Quanto più una strategia di comunicazione è sin dall’origine intimamente connessa coll’elaborazione del progetto tanto più si rivelerà efficace. Ed essere efficace, fare davvero la differenza, era ed è il mio obiettivo. Il 1° luglio 2007 è così nato PCM Studio, prima in diverse sedi in condivisione con amici che avevano agenzie di pubblicità tradizionale o società di eventi, e poi dove siamo ora, in un cortile interno di via Farini dove si respira l’aria della Milano che fa. Tra i primi clienti ci sono stati Palazzo Grassi e Artissima, che seguo ancora oggi, e l’apertura della Reggia di Venaria, progetto “una tantum” che mi è rimasto nel cuore per la sua complessità e grandiosità. Intanto la struttura andava precisandosi, e man mano sarebbero arrivate giovani leve da far crescere e instradare verso alti standard di professionalità. Alcune di queste sono oggi collaboratrici preziose, come Federica Farci e Francesca Ceriani e sempre tutto il team di PCM è connotato da una forte idea di squadra “speciale” che proteggiamo. Nel tempo si sono aggiunti nuovi clienti, come Artcurial, di cui l’anno prossimo festeggiamo i 10 anni di presenza in Italia e di stretta collaborazione con noi, la Galleria Gagosian a Roma e tanti altri con cui condividiamo un percorso di comunicazione e crescita in un rapporto basato sul dialogo costante.
Nel 2019 ho partecipato all’avventura di ICA di cui sono anche partner sostenitore dall’inizio del progetto. Stile aziendale e procedure di lavoro si sono quindi in questi anni depositati in un know how riconosciuto e riconoscibile e che ci consente di essere oggi un marchio di qualità per la comunicazione per l’arte in Italia. In parallelo all’attività di ufficio svolgo una intensa attività didattica. Ho cominciato a insegnare circa dieci anni fa alla Business School de Il Sole 24 Ore, cui si sono aggiunte nel tempo altre scuole sino all’università IULM, con grande piacere e soddisfazione personale. Sto pilotando la mia agenzia verso obiettivi sempre sfidanti che ritengo ineludibili per essere ancora all’avanguardia nel mio campo inventando sempre nuovi fronti su cui misurarsi e sperimentare. Oggi, ad esempio, tra le nuove sfide che ci siamo dati vi è quella di costruire nuovi intrecci tra il sistema italiano dell’arte e il mondo asiatico. Sono molto grata e riconoscente a tutte le persone che ho incontrato e con cui è stato possibile realizzare uno scambio e costruire qualcosa che prima non c’era.
Paola Caterina Manfredi è Fondatore e Direttore di PCM Studio di Milano.
Un ritratto di Paola Caterina Manfredi. Courtesy PCM Studio.
sul n. 41, gennaio-marzo 2022, di SMALL ZINE
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