SHIT AND DIE
Palazzo Cavour – Torino
– Gregorio Raspa
Diciamolo subito: Shit and Die è un autentico capolavoro. Inutile girarci intorno, mentire, storcere il naso, far finta di non capire, fingere disapprovazione o mostrare indignazione.
L’evento artistico più atteso e discusso del 2014, infatti, sorprende per efficacia e originalità, offre al pubblico internazionale, anche quest’anno giunto numeroso a Torino in occasione di Artissima, modalità di storytelling tanto inedite quanto rivoluzionarie, soprattutto in Italia. Perché Shit and Die è dolce e crudele come la vita, affascinante e misteriosa come la storia della città che la ospita, ironica e dissacrante come i suoi curatori, il (quasi) pensionato Maurizio Cattelan e le sue giovani collaboratrici Myriam Ben Salah e Marta Papini.
Ciò che emerge dal lungo percorso allestito nelle sale barocche di Palazzo Cavour è una piccola wundercammer torinese in cui convivono – secondo le regole di un equilibrio già collaudato da Gioni durante l’ultima Biennale – oggetti e opere d’arte, feticci e reperti storici. È così che, tra le opere dei sessantuno artisti in mostra, si alternano gli avveniristici interni dell’unità residenziale “Talponia” voluta da Adriano Olivetti e lo Scheletro del Professor Giacomini, l’inquietante Forca di Torino e le orci in terracotta appartenute a detenuti studiati con “scientifico” sospetto da Lombroso.
La mostra, del resto, prende ispirazione dalla storia della capitale sabauda, narra l’intimità e i segreti dei numerosi fantasmi che la infestano. E se della Torino città aristocratica e regale sappiamo tutto – o quasi – meno si conosce e sospetta, invece, dei segreti di alcuni suoi illustri protagonisti, come testimoniano in mostra le polaroid erotiche di Carlo Mollino, le disinibite pose offerte in alcuni scatti dalla Contessa Castiglione – cugina prediletta di Cavour – e le perversioni dello stesso Conte – in sala, si vocifera, appassionato coprofago. Ma, come si evince dal titolo della mostra, quella sulla città di Torino è solo una storia nella storia, il passepartout di accesso a riflessioni più ampie che affrontano l’uomo e la sua condizione esistenziale. Shit and die: “caga e muori”. Vita e morte dunque, la prima con le sue pulsioni, la seconda con le sue paure, di mezzo un sottile filo che lega l’una all’altra rendendole, in qualche modo, simili: il fallimento. Nelle sale di Palazzo Cavour, infatti, è soprattutto quest’ultimo tema a collegare il tutto, dall’opera The Hug di Eric Doeringer – che accoglie gli spettatori con una distesa di 40.000 banconote da un dollaro – all’automobile da corsa lanciata verso l’autodistruzione di Florian Pugnaire & David Raffini, simbolicamente posta alla fine del percorso espositivo.
Di mezzo le infinite declinazioni del fallimento e la parata artistica delle sue vittime più illustri come la felicità e il potere, il desiderio e la possibilità di controllo sugli eventi, in un percorso che colpisce allo stomaco e parla alle menti.
Dall’alto: Eric Doeringer, THE HUGE, 2014. Veduta parziale dell’installazione, Palazzo Cavour, Torino. Foto Zeno Zotti, Courtesy Artissima e dell’artista. In primo piano Florian Pugnaire and David Raffini. TITOLO DA DETERMINARE, 2014. Sullo sfondo Martin Creed. WORK N. 112, THIRTY NINE METRONOMES BEATING TIME, ONE AT EVERY SPEED, 1995. Foto Zeno Zotti. Courtesy Artissima, GAM Torino e degli artisti.
© 2015 BOX ART & CO.