di Loredana Barillaro
È indubbio, ormai, che per alcuni marchi aziendali molta riconoscibilità sia legata ad una serrata vicinanza all’arte, tanto da suscitarne, nel corso del tempo, una “brand identity” inconfondibile oltre che di incontrovertibile successo, a prova che strategia e lungimiranza in questa direzione hanno ragion d’essere. Nella maggior parte dei casi si può parlare di politiche di mecenatismo prima ancora che di promozione aziendale. Ebbene, che cosa aggiunge in termini di immagine – ma anche in termini di fatturato – puntare sull’arte e su artisti soprattutto contemporanei? Strategie di questo tipo quanto possono incidere sulla “fidelizzazione” del pubblico?
Per noi di Swatch investire sull’arte vuol dire investire in un dialogo con gli artisti, innanzitutto. Questo perché crediamo fermamente che gli artisti siano tra coloro che possono contribuire a stimolare la società. Dar loro un’opportunità per allargare il raggio d’azione della loro opera e della loro visione ci sembra importante per un marchio come Swatch, che si vuole per definizione sin dalla sua fondazione aperto, democratico, dinamico e interlocutorio. Per questo, l’interazione di Swatch con il mondo dell’arte contemporanea (una scelta chiara e definitiva) ha diversi aspetti: il coinvolgimento di artisti nella creazione di orologi in edizione limitata (una costante delle attività di Swatch fin dal 1984, cui hanno aderito grandi nomi da Sam Francis a Annie Leibovitz, da Damien Hirst a Joana Vasconcelos, da Akira Kurosawa a Vivienne Westwood, da Philip Glass a Yoko Ono, da David Lachapelle ad Alfred Hofkunst, e molti altri ancora – generando idee che chiunque può sfoggiare al polso, e grazie a Swatch portando la loro opera nelle strade e nel quotidiano!); la commissione di opere site specific per progetti prestigiosi quali la Biennale di Venezia, la Fondazione Beyeler a Basilea, la FIAC di Parigi, e altri; il dialogo con un pubblico di studenti e altre categorie, attorno a un progetto creativo che serve da modello e ispirazione (ultimamente, a Milano, a Hong Kong, a Taiwan); la “sfida” ad entrare con il messaggio artistico nel mondo del retail del marchio (progetto recente e di grande successo, che trasforma il negozio in opera d’arte contenitore); una rappresentazione fisica e di grande dimensione con il progetto “Swatch Art Peace Hotel” a Shanghai, una residenza per artisti con 18 stazioni di vita e lavoro, che dal 2011 ad oggi ha ospitato più di 300 artisti, cui offriamo un luogo di lavoro e di libertà di espressione, in totale indipendenza. Dal mix di questi progetti, di queste interazioni, di queste “avventure nell’arte” nascono stimoli, idee, provocazioni, nasce la vita sotto la forma che solo gli artisti le sanno dare.
Carlo Giordanetti è Direttore Creativo di Swatch.
Quello di illycaffè con il mondo dell’arte è un legame profondo, una sinergia naturale che nasce dalla condivisione di valori e intenti. Uno dei principi cardine dell’azienda è infatti da sempre il perseguimento del bello – insieme al buono, in una costante tensione all’eccellenza – perché crediamo che la qualità estetica contribuisca al successo di ogni nostro progetto. In questo senso possiamo dire che l’arte e la creatività siano parte integrante del nostro DNA, e concorrano alla definizione dell’identità aziendale. A partire proprio dal nostro logo, che è stato disegnato nel 1996 dall’artista americano James Rosenquist. Passando per illy Art Collection, il progetto che ha visto artisti di tutto il mondo, da Marina Abramović, Michelangelo Pistoletto a Louis Bourgeois, Joseph Kosuth e Mark Quinn, decorare l’iconica tazzina disegnata da Matteo Thun. Fino al sostegno di mostre, istituzioni e fiere d’arte internazionali – una su tutte la Biennale di Venezia, con cui collaboriamo dal 2003. O ancora i riconoscimenti a favore dei giovani talenti che promuoviamo ogni anno, come il premio “illy SustainArt” istituito nel 2008 in occasione di ARCO Madrid, dedicato ai giovani artisti provenienti da paesi produttori di caffè e assegnato quest’anno a Sheroanawë Hakihiiwë. Queste sono alcune delle iniziative attraverso cui la costante ricerca del bello si concretizza, e che hanno contribuito nel tempo a definire l’immagine dell’azienda e ad aumentare la riconoscibilità del marchio, legandolo indissolubilmente al mondo dell’arte e della creatività. Un rapporto forte e duraturo che si esprime in un circolo virtuoso che investe nel mondo dell’arte portando benefici reciproci. Un approccio strategico sicuramente, ma anche una strada connaturata nell’identità dell’azienda e nei valori di cui si fa portavoce. Come direttore creativo di illycaffè, mi sento di affermare che questo connubio è fondamentale per riuscire ad avere un occhio anticipatore sulle nuove tendenze, oltre a portare grandi risultati in termini di visibilità per gli artisti che collaborano con la nostra realtà. Inoltre ritengo che, in termini di fidelizzazione, la vicinanza tra i due mondi, azienda e arte, sia un enorme valore aggiunto che ci permette non solo di farci scegliere, ma di conquistare, chi come noi crede nell’importanza del bello e della creatività in ogni aspetto della vita, anche nel gesto quotidiano di sorseggiare una tazzina di caffè.
Carlo Bach è Direttore Creativo di illycaffè.
Dall’alto: Carlo Giordanetti davanti allʼopera GIARDINI COLOURFALL di Ian Davenport, Biennale di Venezia, 2017. Courtesy Swatch. Un ritratto di Carlo Bach. Courtesy illycaffè.
© 2019 BOX ART & CO.