RACCONTO PER IMMAGINI
Pamela Breda
– Valentina Tebala
“La mia ricerca intende analizzare l’ambiguità visiva e il potere narrativo insito in ogni immagine. Una riflessione sui sistemi di comunicazione visiva connessa allo studio della tradizione figurativa occidentale, focalizzata sull’immagine come mezzo di apprendimento”. Pamela Breda, nata a Vittorio Veneto (Treviso) nel 1982, frequenta la facoltà di Arti Visive allo Iuav di Venezia e nel 2014 è tra gli artisti in residenza presso gli atelier della Fondazione Bevilacqua La Masa. Come artista si esprime attraverso svariati media: dal video e la fotografia – presi in considerazione sia nell’accezione funzionale di supporto dell’opera sia soprattutto in relazione alle proprietà e le problematiche ontologiche del mezzo stesso – all’installazione, dalla performance al libro d’artista. Ma la base, o lo stimolo principale, da cui matura la ricerca di Pamela è da ravvisarsi probabilmente nella sua prima formazione da storica dell’arte conclusasi con una tesi in arte e filologia medievale, che palesa una propensione tutta rivolta allo studio del potere culturale delle immagini nel corpo sociale. Allo stesso modo è forte l’interesse verso le storie e le narrazioni – persino leggendarie e fantascientifiche – che travalicano i lassi temporali, con i rispettivi linguaggi e condizioni emotive, innestandosi nel discorso contemporaneo o in un tempo indefinito, forse infinito. Può trattarsi di una dimensione temporale soggettiva ed emotiva come nel viaggio di Every Meter, ad esempio, oppure di un tempo del ricordo e della memoria rediviva – personale, collettiva – nei lavori The Music Room e Re-Make in cui si recuperano elementi e rimembranze mutilati tragicamente dal disastro nel Vajont degli anni Sessanta. Al filone della ripresa e della riformulazione di realtà – e quindi di immagini – preesistenti fa capo l’indagine e la ricontestualizzazione da parte dell’artista di fotografie d’archivio, scarti, frame di filmati e video spesso anonimi e amatoriali, che ora si fanno portavoce di nuove storie altrettanto possibili e reali secondo il carattere di presunta veridicità insito in quei media. Da qui il passaggio ai giochi di senso, ai cortocircuiti e ai paradossi concettuali, è davvero breve, divertente ed estremamente interessante sul piano della comunicazione contemporanea: The Fake Polaroid Book scommette sulla finzione e manipolazione fotografica, trasformando immagini digitali in false polaroids; invece in un altro libro d’artista, Becoming Fashion, Breda prova a simulare un book fotografico calandosi per realizzarlo nelle varie figure che ruotano attorno al sistema della moda. Uno dei progetti più recenti e complessi – Inherent Structure – intende ampliare le potenzialità e i codici comunicativi all’interno della realtà che ci circonda, creando un dispositivo che dia voce al mondo vegetale attraverso l’emissione di onde sonore percepibili all’orecchio umano. Con l’utilizzo di microfoni a contatto, resistenze elettriche e un particolare software, l’artista riesce a captare e registrare il ritmo con cui le piante assorbono l’acqua dal terreno, traducendo questo poetico “respiro” in vibrazioni sonore. Interpretare, scomporre e ricomporre i tasselli di questo universo in perenne movimento spiralico e dialogico fra epoche e culture, significa avere la curiosità e l’energia di immergercisi dentro in prima persona e fino al collo, con la premura di approfondire e specialmente di comunicare.
RE-MAKE – UN PAIO DI SCARPE, UNA VECCHIA, UNA NUOVA, 2015. Courtesy dellʼartista.
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