di Loredana Barillaro |
Ampie stesure cromatiche, sequenze di segni, texture, spessi contorni a disegnare figure umane, oggetti, animali, sembrano questi i codici chiave dell’opera dell’artista Marcello Scarselli.
Possono dirsi, le sue, opere di natura astratta? Possono dirsi opere di natura figurativa? Si tratta di lavori, in particolare quelli degli anni più recenti, che si connotano per la prevalenza di superfici piatte in cui, spesso, è un unico colore a fungere da leitmotiv, a tessere una narrazione i cui elementi si dispongono in maniera ordinata. Ma altrove le forme, rese essenzialmente geometriche, danno vita ad opere che si differenziano per un intenso dinamismo, l’alfabeto segnico si fa più corposo, diventa frenetico.
Elementi grafici dunque – di derivazione figurativa – si sovrappongono gli uni sugli altri a formare talora ideali volumi, talaltra forme piane. Non è la profondità, non è la prospettiva ad interessare, ciò che si coglie nell’immediato è la compattezza dell’opera, il suo emergere simultaneamente in tutte le sue componenti. E ancora, in taluni dipinti, si realizza un’ulteriore promiscuità cromatica in cui non c’è “ordine”, non c’è “rigore” e il segno diventa graffio, si fa veloce, inconscio, energico. C’è un andare e un tornare, un togliere e un aggiungere, l’artista compone e scompone perché il racconto prenda forma, perché ci sia un inizio e un approdo, perché l’opera si realizzi nel suo carattere essenzialmente minimale, puro. Appare dunque chiara la matrice istintuale, quella che lo porta a dipingere forsennatamente, a sentirne il viscerale bisogno.
La figura umana, il paesaggio, tutto è a portata di mano, le componenti si rinsaldano così da aiutarci a mettere insieme i pezzi. E pezzo dopo pezzo l’immagine si compie, l’artista prende nota, ne realizza idealmente uno schema. Possiamo noi entrare nel dipinto e attraversarlo? Possiamo probabilmente percorrerlo come se ci trovassimo all’interno di un gioco in cui siamo chiamati a proseguire livello dopo livello. Il colore, ancorché sintomo del susseguirsi di reazioni emotive, incoraggia la visione a pacificarsi, rilassa la mente, ma l’occhio domanda sempre di più e, insieme al segno, è dunque filo conduttore, nondimeno – come continua a suggerirci il titolo della mostra – lo è il gesto dell’artista che si muove attorno e sulla tela.
Nell’opera di Scarselli la figura umana ha connotati arcaici, a rimembrare forme primordiali mediante una trattazione – anche scultorea – che è possibile rintracciare nella storia dell’arte recente, ma capace di farsi linguaggio contemporaneo. Ogni singolo dipinto costituisce un paragrafo nella complessità del suo lavoro; per chi osserva si fa incessante il bisogno di decifrare per andare avanti, per poter proseguire in maniera quasi bramosa, nel tentativo di intraprendere un personale percorso di comprensione e, ancor di più, di assimilazione.
Ed è così dunque che il disegno della realtà – dei suoi paesaggi, delle sue architetture, degli accadimenti storici, dei suoi “figuranti” e simboli – si sposa ad una certa trepidazione, ad un certo lirismo che rimangono costanti negli anni, in un percorso improntato alla ricerca, alla sperimentazione e alla definizione del proprio personale linguaggio.
LA STRADA POLVEROSA, 2022
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