con Nairy Baghramian, Huma Bhabha, Tacita Dean, David Hammons, Robin Coste Lewis, Paul Pfeiffer e Jessica Rankin
di Loredana Barillaro |
Nella giornata di ieri, 13 marzo 2024 a Palazzo Grassi, a Venezia, si è tenuta la presentazione alla stampa della mostra “Julie Mehretu. Ensemble” a cura di Caroline Bourgeois e dell’artista, la quale aprirà al pubblico il prossimo 17 marzo e fino al 6 gennaio 2025. La mostra si compone di una selezione di oltre cinquanta dipinti e stampe realizzate da Julie Mehretu negli ultimi venticinque anni insieme a opere più recenti, prodotte tra il 2021 e il 2024. Distribuita sui due piani di Palazzo Grassi, la mostra riunisce 17 opere della Collezione Pinault oltre a prestiti provenienti dalla collezione dell’artista, da musei internazionali e da collezioni private.
La bellezza dello spazio architettonico di Palazzo Grassi aumenta il carattere e la forza delle opere, tutte di grandi dimensioni dunque, che si snodano nel percorso di visita e in cui è possibile ammirare quanto compiuto dall’artista, pur connotandosi, l’esposizione, per un ordine “libero e non cronologico, permettendo di esplorare la pratica artistica di Julie Mehretu, di comprenderne l’origine e l’incessante rinnovamento”.
“La sua pratica, profondamente radicata nell’astrazione, è alimentata dalla storia dell’arte, dalla geografia, dalla storia, dalle lotte sociali, dai movimenti rivoluzionari e dal carattere di tutti coloro che hanno lasciato un segno in questi importanti settori della conoscenza e della creazione.”
Ed è a partire dal disegno di architetture che tutto prende forma, nel primo decennio degli anni Duemila; a tal proposito Julie Merethu ci dice che “un disegno ha una capacità. Credo veramente che un disegno cresca, agisca, costruisca, che interpreti un ruolo… In realtà non è davvero così, è solo un disegno, ma ci penso e lo realizzo in questo modo”. Fino a giungere al ciclo più recente, in cui l’artista parte dalle fotografie scattate in occasione dell’assalto dei sostenitori di Donald Trump a Capitol Hill e dell’invasione dell’Ucraina nel 2022; una serie di opere in cui, oltre al momento drammatico, racchiudono al contempo un seme di speranza, la possibilità che non tutto sia perduto.
La mostra si profila anche come incontro fra i lavori di Julie Mehretu e quelli di alcuni artisti a lei vicini “con i quali condivide una forte affinità e un rapporto stretto di scambio e collaborazione”. “A questo processo di stratificazione, che moltiplica la superficie delle immagini, fa eco la dimensione collettiva, l’idea di lavorare insieme, evidenziata dalla presenza in mostra di opere dei suoi amici, Nairy Baghramian, Huma Bhabha, Tacita Dean, David Hammons, Robin Coste Lewis, Paul Pfeiffer e Jessica Rankin, creando un dialogo fecondo con il suo stesso lavoro. Al di là delle differenze formali, emergono preoccupazioni e linee di forza comuni, che fanno superare l’idea che l’artista basti a se stessa, dimostrando, al contrario, che si trova in relazione con gli altri, con le loro idee e sensibilità. Le opere degli artisti invitati ispirano Julie Mehretu e risuonano con il suo lavoro, con il suo modo di guardare il mondo. Tanto più che tutti questi artisti, anche Julie Mehretu, hanno vissuto come fondante e formativa l’esperienza di fuga o di abbandono del proprio Paese, come ad esempio l’Etiopia, l’Iran o il Pakistan. La loro partecipazione alla mostra è quindi la manifestazione della profonda attenzione di Julie Mehretu nei confronti di quelle relazioni intessute, del loro carattere determinante e del loro potere creativo”.
La mostra è organizzata in collaborazione con K21—Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen (Düsseldorf) che presenterà una nuova versione del progetto espositivo interamente dedicata a Julie Mehretu, nel 2025.
Dall’alto: Portrait Julie Mehretu. Photo: Josefina Santos. Julie Mehretu Black City, 2007 Pinault Collection Courtesy of the artist and Marian Goodman Gallery, New York. Julie Mehretu Maahes (Mihos) torch, 2018-2019 Pinault Collection Ph: Tom Powel Imaging Courtesy of the artist and Marian Goodman Gallery, New York.
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