di Loredana Barillaro |
Quello che colpisce nella mostra “Reportage” di Paola Gandolfi – in corso alla galleria Alessandro Bagnai di Firenze – sono la semplicità e il minimalismo, tanto nell’esecuzione dei dipinti quanto nell’allestimento scelto. “Reportage” prende ispirazione da una serie di fotografie – realizzate molti anni prima – che l’artista, adesso, traduce in pittura.
Nove tele di uguali dimensioni sono accostate le une alle altre interrompendo la sequenza solo per assecondare la struttura dello spazio. Al primo sguardo si avverte immediatamente il cortocircuito fra la piacevolezza dell’impatto visivo che se ne ricava e l’effettivo significato delle tele, slegate e al contempo unite in una narrazione che parla di violenza, si sopraffazione psicologica, forse non compresa, forse sopita.
Una figura maschile lentamente si sostituisce alla figura femminile in primo piano, quasi fossero coinvolti, entrambi, in una danza dalle movenze apparentemente pacate, ed è lì, in quella pacatezza, che invece si realizza il dramma. Una personalità si annulla, un sorriso si spegne, una bocca tace e la trasformazione si compie.
Una pittura raffinata, garbata, non urlata si realizza con pochi colori, il bianco, il nero nel suo diradare al grigio e il giallo in diverse gradazioni, che mutano e si susseguono nell’evolversi del racconto. L’artista sembra quasi volerci domandare “quale di questi è il tuo passo di danza preferito, quale il momento, il frame che faresti tuo?” Difficile rispondere, tanta è l’angoscia che si avverte, dovuta, anche, alla drammatica attualità del tema.
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