L’arte a Milano riparte con i lapislazzuli del trittico Oltremare di Stefano Cescon. Prorogata fino al 17 marzo la mostra TERRA!

Gaggenau e Cramum aprono la stagione dell’arte 2023 a Milano con la presentazione dell’inedita opera “Oltremare” realizzata in cera, paraffina e lapislazzuli da Stefano Cescon. Il trittico arricchisce la mostra “TERRA!” prorogata fino al 17 marzo al Gaggenau DesignElementi Hub di Milano (Corso Magenta 2).


“Con questo lavoro l’artista porta avanti in modo coerente la sua originale riflessione materica sul futuro della pittura a partire da uno dei colori più preziosi e alla base della stessa storia dell’arte… il blu”, spiega il curatore della mostra Sabino Maria Frassà.

Protagonista dell’attesa prosecuzione della mostra è il nuovo trittico dal titolo “Oltremare”, tre opere in cera e paraffina attraverso le quali l’artista prosegue la propria riflessione materica sul futuro della pittura a partire da uno dei colori più preziosi: il blu oltremare, estratto dai lapislazzuli.

“Terra!” è il culmine dell’odissea di Stefano Cescon nell’arte contemporanea e celebra l’approdo dell’artista a un lessico artistico nuovo, che unisce passato e presente e si basa sulla fusione di linguaggi diversi. Lungo le pareti dello spazio milanese di Gaggenau trovano spazio i quadri-scultura in cera e paraffina per la prima volta di grande formato che si proiettano nello spazio. Il gesto pittorico quasi scompare, sostituito da una sedimentazione di colori che offre all’osservatore l’illusione di trovarsi di fronte a concrezioni minerarie stratificate e caratterizzate da inattesi collassi di colore tra uno strato e l’altro. L’arte di Cescon vive così nell’incessante ricerca di equilibrio tra tecnica ed estro creativo, controllo e imprevedibilità.
 
Sabino Maria Frassà, curatore della mostra, spiega: “Come un moderno alchimista, Stefano Cescon cerca la propria “Terra!” dando una lettura inedita alla storia dei colori e sceglie di indagare nelle nuove opere in mostra il blu oltremare”.
 
Un pigmento notoriamente raro e prezioso, il cui nome deriva dal fatto che in tempi antichi il colore si ricavasse dai lapislazzuli che giungevano in Europa dai porti del vicino Oriente, in particolare dalle cave afghane del Badakhshan, territori conosciuti in epoca medievale come “Oltremare”.

“Le origini remote” – aggiunge Frassà – “insieme al complesso processo di estrazione e alla capacità unica di mantenere la brillantezza nel tempo, fecero sì che questo colore fosse impiegato come simbolo della magnificenza reale (i sovrani francesi, ad esempio, indossavano abiti blu oltremare durante incoronazioni) e per rappresentare nei dipinti la purezza della Vergine, come nella celebre Madonna d’Alba (1511) di Raffaello Sanzio. La reinterpretazione del blu oltremare assume nell’opera di Cescon una fisionomia ben precisa: le tinte terrose si trasformano e progressivamente scompaiono in un mare di lapislazzuli, dando vita a un trittico che richiama volutamente le pale d’altare ed evoca un processo di purificazione ed elevazione attraverso il colore. Forte e vibrante è la tensione dell’artista verso il superamento dei propri limiti, pur mantenendo vivo il legame con il passato dall’arte”.

Estratto dal testo critico “Stefano Cescon: il Cristoforo Colombo della pittura contemporanea” scritto dal curatore della mostra Sabino Maria Frassà.


“Marcel Proust, riguardo a Cristoforo Colombo, diceva: “il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”. La scoperta di una nuova materia (la cera d’api) e della scultura sono stati i nuovi occhi di Stefano Cescon, il cui percorso prende le mosse dall’esperienza maturata attraverso la pittura – dallo studio della luce e dell’equilibrio cromatico – per poi volgere a una dimensione creativa più vicina all’atto di “costruire” e all’aspetto artigianale e materico dell’opera. 
Se la cera è stato uno dei primi materiali impiegati nella pittura (basti pensare all’encausto egiziano, greco e romano), l’artista conferisce a questa sostanza vita e tridimensionalità, realizzando opere che non sono semplici quadri, ma materia che si proietta nello spazio.
Il risultato sono lavori a cavallo tra pittura e scultura, che richiamano sedimentazioni calcaree o marmoree e sono frutto di un processo chimico che non permette mai di prevedere un effetto estetico preciso: diverse dinamiche portano a ottenere relazioni e ritmi differenti, dando vita a lavori che trovano ogni volta il modo di rinnovarsi, sfuggendo e offrendo un compromesso alle premesse stabilite dall’artista. Così che l’opera finale è caratterizzata, ad esempio, da inattesi collassi di colore tra uno strato e l’altro. L’arte di Stefano Cescon appare in questo senso un’incessante ricerca di equilibrio tra tecnica ed estro creativo, controllo e imprevedibilità. Non esiste l’idea di errore o correzione: al termine del procedimento di realizzazione, l’opera semplicemente funziona o viene distrutta. Una scelta che dipende solo dall’artefice, in base alla sua sensibilità e al suo viscerale senso della composizione pittorica. In questa tensione verso un nuovo ordine, dopo aver innescato il processo, risiede tutto il piacere dell’artista: l’arte è viaggiare, scoprire una nuova terra e farla diventare “casa”.”
 
Per info: 
 
www.amanutricresci.com/cramum/
 
www.designelementi.it
 
 

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