di Loredana Barillaro
Loredana Barillaro/ Fabio, il tuo lavoro sembra realizzarsi per un intervento “a quattro mani”, intendendo la natura – attraverso cui operi e a cui si conferisce capacità creativa – pari all’artista. È così?
Fabio Roncato/ Si, specialmente nelle fasi iniziali del mio lavoro. Questa primi momenti coincidono con la creazione di un sistema critico, un ambiente dove vengono attivati dei processi dai quali gli elementi coinvolti tentano di sottrarsi e di fuggire. È durante questo tentativo di fuga che si svelano dei comportamenti che la materia in un primo momento teneva nascosti, ed è quando finalmente si ristabilisce un nuovo stato di quiete che la scultura si rivela attraverso una forma.
LB/ Appare evidente che alla base vi sia uno studio intenso dei luoghi – e dei loro territori – da cui “estrapoli” le tue opere, quali sono le fasi?
FR/ L’dea di partenza è rendere la pratica artistica come uno strumento esplorativo, che mi permetta di comprendere il mio intorno e indagarne le complessità. Vorrei trasformare questo lungo processo di comprensione delle cose e dei luoghi come un’azione collettiva. I lavori nascono non solo dalla casualità dei processi di lavoro, ma dalle persone che si incrociano e le relazioni che si stabiliscono. L’aspetto delle mie opere il più delle volte è determinato da pochi gesti molto semplici che contengono una combinazione di moltissime variabili e individui diversi.
LB/ Quanto conta l’imprevisto nel tuo atto creativo? Può essere talvolta un elemento frustrante?
FR/ Per come ho sviluppato il mio modo di lavorare ho imparato a capire negli anni che le aspettative che ripongo nella preparazione e nello studio di un lavoro, specialmente quelle riguardanti le previsioni sull’aspetto finale dell’opera, spesso vengono disattese e rallentano significativamente tutto il processo lavorativo. Pertanto, l’imprevedibilità, o meglio, l’indipendenza dei materiali è l’obiettivo su cui costruisco il mio sistema di lavoro. È un sistema molto poco pratico, alcuni lavori richiedono minuti per essere completati, altri anni; alcuni lavori vengono interrotti più o meno bruscamente e molto probabilmente non vedranno mai la luce.
LB/ A breve si aprirà una tua nuova mostra a Lodi, puoi anticiparmi qualcosa?
FR/ È l’ultima opera della serie Momentum, ed è stata eseguita nelle acque del fiume Adda. Queste sculture nascono dallo scontro fra due liquidi: la cera calda e le fredde acque di un fiume. La cera perde di temperatura e si solidifica, letteralmente imprigionando le correnti del fiume in una forma solida. Le acque restituiscono una forma ancora in tensione, un calco, ogni volta diverso, delle correnti che cristallizza tempo e materia nel giro di pochi istanti. Talvolta la cera mi dà la possibilità di procedere con delle fusioni a cera persa dandomi l’opportunità di trasformare quell’istante di tempo fragile in una scultura di alluminio, solida e immutabile. Le opere Momentum nascono così come una riflessione sull’esperienza e sulla rappresentazione del tempo, sottraggono un istante dallo scorrere degli eventi rappresentato dal corso d’acqua di un fiume.
Dall’alto: Momentum, scultura a cera persa in alluminio. Il tempo che passa lento_1, 2019. Paraffina e olio motore, 105×100 cm. Per entrambe courtesy dell’artista.
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