QUESTIONING THE FUNCTIONALITY | Mattia Bosco, Chiara Lecca, Dennis Oppenheim

A cura di Lóránd Hegyi
 
Inaugurazione: venerdì 7 ottobre 2022, dalle 13 alle 20
dal 7 ottobre fino al 2 dicembre 2022

Galleria Fumagalli, Milano

Giunto al sesto appuntamento, prosegue il programma espositivo “MY30YEARS – Coherency in Diversity” che il critico Lóránd Hegyi ha ideato e curato per la Galleria Fumagalli con l’obiettivo di celebrare i 30 anni di carriera di Annamaria Maggi alla guida della galleria, nonché stimolare nuove letture dei paradigmi dell’arte contemporanea alla luce di inediti confronti tra dodici artisti seguiti o rappresentati dalla galleria.

“Questioning the Functionality”, attraverso l’esposizione congiunta delle opere di Mattia Bosco (Milano, 1976), Chiara Lecca (Modigliana, 1977) e Dennis Oppenheim (Electric City, Washington, 1938 – New York, 2011), presenta un duplice quesito. In primis se esista una reale funzionalità dell’opera d’arte, o se sia soltanto frutto della suggestione e del paragone con altri oggetti; in secondo luogo, l’interrogativo cade sulle singole opere in mostra, sulla loro specifica funzionalità e come questa, se vi è, si concretizzi.

Se Mattia Bosco e Chiara Lecca presentano opere dai forti effetti sensuali che paiono sfruttare al massimo le qualità materiche per attivare l’immaginario e la fantasia dello spettatore, le opere di Dennis Oppenheim – provenienti dal periodo in cui sperimenta Land Art e Body Art, con contaminazioni tra loro – evitano ogni tipo di spettacolarizzazione teatrale e sono il risultato di un’osservazione oggettiva del corpo umano e della   con l’ambiente circostante. L’artista si concentra sulla funzionalità del corpo, mai inteso come strumento neutro, bensì caratterizzato da una certa incontrollabilità e irregolarità date anche dagli elementi mutevoli del contesto in cui si muove. Le azioni del corpo non sono quindi strumentalizzate né oggettivate, bensì mantengono il proprio carattere spontaneo e mai meccanico.

Le opere di Chiara Lecca evocano manufatti o conformazioni architettoniche in cui elementi organici e inorganici si ibridano dando vita a forme sensuali e provocatorie. Tali opere, realizzate con materiali inaspettati come pellicce e vesciche animali trattati con tassidermia, sono esposte in maniera teatrale, quasi esibizionistico, e si manifestano come oggetti passivi ma desiderabili, da utilizzare ma senza una funzione ben definita, che quindi destabilizzano e mettono in dubbio qualsiasi potenziale funzionalità.

Anche le indagini di Mattia Bosco si concentrano sulla messa in discussione della funzionalità dell’opera, con particolare attenzione ai diversi stati della materia e ai loro diversi tipi di funzionalità che sono determinati dalle metamorfosi o dal cambio di contesto. In effetti, i possibili cambiamenti di contesto delle cose e i sottili interventi sui materiali generano una ridefinizione permanente della funzionalità e dell’interpretazione dell’oggetto.

Iniziato nel 2021 e in atto fino al 2023, il ciclo espositivo “MY30YEARS – Coherency in Diversity” si compone di 8 mostre e coinvolge 12 artisti della galleria. Ogni mostra prevede l’esposizione congiunta di tre artisti (ognuno dei quali è coinvolto nel ciclo due volte), le cui opere dialogano su temi specifici, individuati quali ricorrenti nell’arte contemporanea. Il programma, unicum nel suo genere, mira a proporre il superamento di certe categorizzazioni artistiche a favore di interpretazioni più libere dei linguaggi e delle interrelazioni tra artisti di generazioni e contesti differenti.

Mattia Bosco nasce a Milano nel 1976 da una famiglia di pittori. Vive e lavora tra Milano e le montagne della Val d’Ossola, in Piemonte, suo laboratorio a cielo aperto dove avviene principalmente la selezione e la lavorazione della materia prima. Scultore con una formazione filosofica, nel suo lavoro parte dalla considerazione della materia come qualcosa in cui il processo formale è già in atto: l’artista non inventa nuove forme, bensì si adatta alle conformazioni già esistenti, assecondando l’evoluzione geologica della pietra e le stagioni vegetative del legno. La forma, allora, affiora naturalmente grazie all’azione scultorea. Nel 2014 è stato eletto tra i finalisti del XV Premio Cairo, e nel 2012 è arrivato secondo ex aequo al Premio Fondazione Henraux. Le sue opere sono state esposte in istituzioni italiane ed estere, quali Palazzo Borromeo, Milano (2019); ex Cimitero San Pietro in Vincoli, Torino (2018); Dolomiti Contemporanee, Pieve di Cadore (2017) e Casso (2014); Frieze Sculpture Park, Londra (2015); Museo Diocesano, Milano (2015, 2008); Museum Tinguely, Basilea (2015); Camec, La Spezia (2015); Museo del Marmo, Carrara (2014); Triennale, Milano (2013, 2010); Limewharf, Londra (2013); La Permanente, Milano (2009); chiesa di Santo Stefano, Milano (2007). È rappresentato dalla Galleria Fumagalli dal 2019 in occasione della prima mostra in galleria con Filippo Armellin “In Origine”, con catalogo a cura di Angela Madesani.

Chiara Lecca nasce nel 1977 a Modigliana (Forlì-Cesena), dove vive e lavora. Il suo lavoro artistico è principalmente installativo e scultoreo con incursioni nella fotografia e nella video arte. Lo stretto contatto fin dall’infanzia con natura e mondo animale nei terreni dell’azienda agricola di famiglia, determinano un’indagine volta a evidenziare la frattura tra natura e uomo, operata dalla società contemporanea. L’elemento animale, in particolare, diventa materia per un processo di alterazione semiotica. Nel 2016 è finalista al XVII Premio Cairo ed espone a Palazzo Reale a Milano. Nel 2020 fonda il Collettivo Clarulecis. Le sue opere sono state esposte in varie istituzioni in Italia e in Europa: nel 2019 è artista in residenza al MACRO Asilo di Roma, nel 2018 all’Istituto Italiano di Cultura di Madrid, nel 2012 presso la contea di Kassel in occasione di EUARCA – International European Art Camp, e nel 2008 presso la Fondazione Spinola Banna per l’Arte di Torino. Sue mostre personali si sono tenute in istituzioni quali: Museo Carlo Zauli, Faenza (2017); Collezioni Comunali D’Arte – Palazzo D’Accursio, Bologna (2017); Ghisla Art Collection, Locarno (2016); Naturkundemuseum Ottoneum, Kassel (2015); Villa Rusconi, Castano Primo, Milano (2013); Palazzo del Monte – Banca di Romagna, Faenza (2013); MAR – Museo d’Arte della Città, Ravenna (2010); Kunst Meran, Merano (2009). È rappresentata dalla Galleria Fumagalli dal 2008, anno della sua mostra personale “Del maiale non si butta niente” presso l’ex sede di Bergamo, seguita nel 2010 dalla pubblicazione di “Quintoquarto” con testi di Martina Cavallarin e Valerio Dehò.

Dennis Oppenheim nasce a Electric City, Washington, nel 1938 e muore a New York nel 2011. Frequenta il California College of Art and Crafts di Oakland e la Stanford University. Si distingue per aver affrontato significative esperienze di ricerca appartenenti però a movimenti artistici differenti. Di stanza a New York, realizza i primi interventi di Land Art nel 1967, debitamente documentati con il mezzo fotografico. Nel corso degli anni settanta dirige il suo interesse alla Body Art, spostando dunque il luogo dei suoi interventi impermanenti, transitori, dal paesaggio naturale al corpo umano. Sperimenta anche il video, la performance, la scultura cinetica e sonora. Nel corso degli anni ottanta e novanta realizza installazioni su larga scala che raffigurano oggetti comuni distorti o associati in maniera imprevedibile, che sembrano sfidare i limiti della fisica. Dalla prima mostra personale del 1968 alla John Gibson Gallery, New York, sono seguite esposizioni nelle più prestigiose istituzioni di tutto il mondo. Tra le più recenti mostre personali: MAMCO, Ginevra (2022, 2015); Musée des Beaux Arts, Caen (2019); Guild Hall, East Hampton NY (2018); Art Institute of Chicago (2016); Yorkshire Sculpture Park, West Bretton (2013); Musée d’Art Moderne et Contemporain, Saint-Etienne (2011); MARCA, Catanzaro (2009); Neuberger Museum, New York (2006); Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia, Madrid (2005); Whitney Museum of American Art, New York (2003). Ha inoltre partecipato alle prestigiose rassegne internazionali quali: Biennale di Valencia (2003), Biennale di Venezia (1997, 1980), Biennale di Johannesburg (1997), documenta, Kassel (1977, 1972). La collaborazione con la Galleria Fumagalli inizia nel 2010 in occasione della prima mostra “Material Interchange. Opere 1968-1974” a cura di Alberto Fiz, seguita dalla seconda personale nel 2013 “Dennis Oppenheim. Sculture 1979-2006” a cura di Alberto Fiz e Amy Oppenheim, presso il Museo Pecci di Milano e in collaborazione con Spazioborgogno.

Per info:

GALLERIA FUMAGALLI, Milano

+39 02 36799285 | info@galleriafumagalli.com | galleriafumagalli.com

Ufficio stampa:

PCM Studio

+39 3499267882 

Carlotta Biffi | carlotta@paolamanfredi.com

 

Courtesy Galleria Fumagalli.

 

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