SOTTO IL FUOCO INCROCIATO DELLE EMOZIONI
Alessandro Fonte – Gregorio Raspa
Non è semplice dar forma all’intangibile, descrivere un’emozione, tradurre in un segno uno stato d’animo, inseguire tutto ciò che è effimero e invisibile. Eppure, con il suo lavoro, Alessandro Fonte da sempre si cimenta in esercizi tanto difficili sperimentando un linguaggio deputato alla narrazione dell’assente.
Creando una sensazione di vuoto percettivo, e offrendo al contempo gli strumenti utili a colmarlo, Fonte regala allo spettatore gli spunti necessari all’elaborazione di una storia che, sganciata da ogni riferimento reale, racconta l’uomo e i suoi moti interiori. Così facendo, l’artista reggino trascrive sulla superficie dei propri lavori la traccia di un’epica quotidiana che ha luogo sotto il fuoco incrociato delle emozioni, evocando sentimenti e stati d’animo per loro natura sfuggenti e poco inclini alla formalizzazione.
Ed è proprio sulla capacità evocativa di un complesso, strutturato ed ampio repertorio simbolico che Fonte deposita le ambizioni della sua poetica. Sono diversi, a tal proposito, i riferimenti che questo giovane artista usa, dando vita ad un codice espressivo che pone al centro delle proprie intenzioni la ricerca dell’uomo e dell’umano, due “concetti” evocati per mezzo di strumenti iconografici che, come la seduta – vera e propria struttura emblematica dell’opera di Alessandro Fonte – testimoniano l’allegoria di una presenza creata per neutralizzare la materialità di un vuoto lasciato dall’assente.
Pur lavorando con il video, la fotografia, la performance, l’opera installativa e la scultura, l’arista mantiene intatti i motivi della sua ricerca che, declinati in una forma direttamente suggerita dal mezzo scelto per l’esecuzione del gesto artistico, appaiono sempre fedeli ad un’unica linea concettuale e ispirati dalla stessa intenzione iconografica.
Uno degli aspetti che, forse meglio di ogni altro, conferma tale coerenza linguistica è dato dalla predilezione che egli manifesta per i materiali e gli ambienti “poveri” utilizzati, rispettivamente, come il supporto con cui realizzare sculture e installazioni, ed il luogo in cui ambientare video, performance e fotografie. È così che la materia depauperata, esausta e consunta, trova nuova vita nell’arte di Fonte e gli spazi abbandonati e/o degradati acquistano rinnovata dignità divenendo set delle sue “azioni”. Tutto ciò che questo giovane artista utilizza si avvolge di mistero e ambiguità, fascino primordiale e silenzio, assumendo la luce di un’inedita e suggestiva bellezza. Il suo è il tentativo di nobilitare e rendere longevo ciò che altrimenti finirebbe col deperire, accendere i riflettori su un luogo forse dimenticato ma ancora pregno di memoria, cristallizzare in un gesto un’emozione, specie se effimera e irripetibile.
Tentativi, quelli appena descritti, dotati di un carattere poetico sottolineato – anche – dalla scelta dei titoli delle opere che, lungi dall’avere una funzione didascalica, assumono spesso un valore autonomo, il più delle volte complementare all’opera stessa e finalizzato, come ogni altro componente del lavoro di questo artista, ad instaurare un dialogo emozionale con il pubblico.
Tale aspetto è centrale nella ricerca di Alessandro Fonte che, da sempre, guarda con interesse all’uomo e alle sue passioni, alla società e ai suoi umori cercando di provocare nell’osservatore una reazione “sentimentale” prima ancora che razionale. Del resto, l’artista stesso ha confessato “l’arte che mi interessa è un pulsante”.
LA NOSTRA ALBA, 2012. Video digitale 3’43’’ loop, Courtesy dell’artista.
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