INTERVISTA A GIACOMO ZAGANELLI
di Gregorio Raspa
Gregorio Raspa/ Tattilmente è il titolo del tuo ultimo lavoro, concepito intorno alla prestigiosa collezione del Marca Open – Parco Internazionale della Scultura di Catanzaro. Come e quando è nata l’idea dell’opera?
Giacomo Zaganelli/ L’idea è nata in relazione alla possibilità di sviluppare un progetto coerente con la mia pratica e con gli obiettivi dell’Associazione DI.CO., ma allo stesso tempo gestibile da remoto. Infatti, la complessa situazione pandemica e la continua incertezza ci hanno portato a posticipare l’esperienza più volte nel tempo, fino alla decisione di realizzarla a distanza. È così che è nata l’idea di Tattilmente e di un insolito racconto della collezione del Marca Open fatto da un gruppo di non vedenti.
GR/ L’intervento in parola si colloca all’interno della più ampia cornice del progetto educativo Musei (e) Pubblici, promosso dall’Associazione Culturale DI.CO. con l’intento di favorire pratiche inclusive e relazionali in ambito museale. I temi legati ad una visione pubblica, partecipativa e laboratoriale dell’arte, da sempre animano anche il tuo impegno intellettuale e teorico. Mi racconti qualcosa in più sulla genesi di questa sinergia culturale fondata, con ogni evidenza, su presupposti e obiettivi comuni?
GZ/ La mia pratica è da sempre animata da un interesse verso la collettività, i miei progetti infatti sono nella maggior parte dei casi pensati per tutti, realizzati in luoghi pubblici e indirizzati a coloro che normalmente hanno poco a che fare con il mondo dell’arte e della cultura stessa. Con DI.CO., in relazione al progetto comune, abbiamo condiviso fin da subito l’idea di sfruttare questa circostanza temporale eccezionale per volgere l’attenzione verso pubblici ancor meno considerati dalla quotidianità, e quello dei non vedenti/ipovedenti è sicuramente stato il primo a cui abbiamo pensato, considerando il dominio della vista nell’era tecnologica e le limitazioni imposte al tatto in ambienti museali e culturali.
GR/ Come accennato, per realizzare l’opera ti sei avvalso della collaborazione di un pubblico di non vedenti, invitato a fruire delle opere del Parco e a condividere il racconto dell’esperienza – da te registrato in presa diretta e, successivamente, riorganizzato e sistematizzato. Come sono stati individuati i soggetti da coinvolgere nell’iniziativa? Hai utilizzato particolari criteri di selezione?
GZ/ Assieme all’Associazione, e alla sezione locale dell’UICI, abbiamo coinvolto un gruppo eterogeneo di persone interessate a tale iniziativa. È stato molto stimolante ascoltare in tempo-reale i differenti modi di restituzione orale dell’esperienza tattile da parte dei vari soggetti coinvolti.
GR/ Mi racconti del modus operandi utilizzato durante le fasi di lavoro, svolto da remoto? In che modo è avvenuta la tua interazione con il gruppo coinvolto?
GZ/ Al di là di lavorare con un gruppo di non vedenti, forse l’aspetto più inusuale e stimolante di tutto è l’aver gestito l’azione collettiva totalmente da remoto. Grazie alla tecnologia, anche se assente fisicamente, io sono stato presente durante tutta la fase di analisi tattile. Loro non mi vedevano ma mi sentivano (e sarebbe stato comunque così!), mentre io ho seguito tutta l’evolversi dell’operazione sullo schermo. Ero lì e interagivo a voce con i partecipanti. Inoltre, l’intera esperienza è stata video-documentata in loco e tutti gli audio registrati con apposita strumentazione.
GR/ Il tuo intervento ha interessato l’intera collezione del Parco? Immagino che alcune opere siano risultate più adatte – per caratteristiche strutturali, oltre che simboliche – ai tuoi scopi.
GZ/ Ovviamente sì, con Silvia Pujia abbiamo selezionato alcune delle opere che a nostro parere meglio si sarebbero potute prestare a una simile esperienza. I criteri di scelta sono stati relativi principalmente agli aspetti dimensionali, materici e formali.
GR/ L’idea di porre al centro di un progetto di arte visiva la fruizione tattile mi sembra intimamente legata alla volontà, ricorrente nella tua prassi operativa, di ribaltare le prospettive e rileggere le gerarchie semantiche e concettuali dominanti. Quali sono i valori che alimentano una simile ricerca?
GZ/ La spontaneità e l’esigenza, quasi innata, di cercare continuamente di mostrare punti di vista alternativi sul quotidiano. I miei lavori e progetti sono tutti diversi e sempre pensati per i contesti dove verranno presentati, esposti o fruiti, però tutti hanno in comune il tentativo di mostrare un’altra prospettiva. L’obiettivo è quello di stimolare nel pubblico e nella collettività un modo di pensare diverso da quello dominante ed omologante.
GR/ Ciò che questo lavoro pone in evidenza, stimolando il racconto dell’arte attraverso un pubblico di non vedenti, è la bellezza insita nella manifestazione esterna di mondi interiori. Al di là dei suoi aspetti inclusivi e didattici, il tuo intervento sembra riflettere, anche e soprattutto, sul potenziale generativo ed emozionale dell’arte. È realmente così?
GZ/ Per quanto mi riguarda, l’arte è un mezzo e non il fine. Il mio lavoro si focalizza sul potenziale delle cose. Come dicevo sopra, mostrando un’altra narrazione si aprono prospettive inattese.
GR/ Il tuo intervento in un luogo è generalmente preceduto da una meticolosa fase di studio e approfondimento del contesto. Sono numerosi i progetti – da te realizzati in giro per il mondo – che nel tempo hanno messo in luce tale attitudine metodologica ponendo, di volta in volta, la tua ricerca in stretta connessione con l’identità dei territori e delle loro comunità. Mi racconti del tuo approccio con la città di Catanzaro? Quali sono gli aspetti e le peculiarità che, in questo caso, hanno dato indirizzo al tuo lavoro?
GZ/ Purtroppo, come ti dicevo, io a Catanzaro non sono venuto e il progetto che ho proposto è stato pensato proprio per ovviare al fatto che non sarei potuto essere presente fisicamente. Sicuramente per quanto riguarda il mio approccio, questo rappresenta un caso più unico che raro, ma chissà se da ora in poi, vista l’incertezza dilagante in merito a viaggi e istituzioni, non sarà sempre più frequente doversi adattare a nuove esigenze. Penso che questo sia uno degli aspetti più stimolanti del nostro lavoro: affrontare i nuovi contesti sotto le potenzialità che offrono, piuttosto che per i limiti che impongono.
GR/ Il progetto prevede due output finali: un libro d’artista, realizzato in Braille, e una raccolta di registrazioni audio. Puoi anticiparmi qualcosa sulle loro caratteristiche?
GZ/ Il libriccino è stato pensato fin dall’inizio totalmente in Braille, come un insolito racconto del Parco fatto da non vedenti per non vedenti. Lo ho realizzato presso la Stamperia Braille di Firenze, un caso unico nel panorama nazionale, essendo la stamperia stessa gestita da un ente pubblico come la Regione Toscana. La traccia audio, invece, è un mix delle registrazioni effettuate durante l’esperienza di scoperta tattile presso il Parco e sarà ascoltabile nella relativa pagina web del Museo Marca e raggiungibile attraverso QR code.
Dall’alto: TATTILMENTE, progetto artistico di Giacomo Zaganelli e DI.CO. Libriccino in Braille. Per tutte courtesy Giacomo Zaganelli e DI.CO.
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