RIPENSARE IL PARADIGMA
Patrizia Asproni
Mi occupo da tanti anni di organizzazioni e istituzioni culturali e gestisco da sempre la complessità che questo implica. Certo, mai avrei pensato che ci saremmo trovati a fronteggiare una crisi come quella che stiamo vivendo. Un doppio schock: quello della pandemia e quello della pervasività del digitale. Il mio intervento vuole quindi essere un momento di riflessione piuttosto che di elencazione e vanto delle cose passate. Per questo credo si debba oggi parlare di “presentificazione del futuro”, discussione sfidante quanto necessaria. Quando Milton Friedman, uno degli economisti liberisti più estremi, scriveva “Soltanto una crisi, reale o percepita, produce un vero cambiamento. Quando quella crisi si verifica le azioni intraprese dipendono dalle idee che circolano” aveva ragione. Per chi si occupa di Cultura, di Musei, questa è un’opportunità per andare più in profondità piuttosto che ridursi a status quo ante in cui si trasferisce on line ciò che era on site. Proprio come la pandemia sta mettendo a nudo le disuguaglianze globali e nazionali, i musei devono riconoscere che essi stessi sono inseriti in un tessuto sociale che si sta rivelando dolorosamente sfilacciato. Mentre anticipiamo gli effetti sociali e istituzionali del nuovo coronavirus, sembra che valga la pena chiedersi se il “modello di business” che è stato finora inseguito e applicato – il gigantismo di musei e le espansioni di archistar, le mostre blockbusters e il divismo dei direttori – sia ancora sostenibile dal punto di vista finanziario e ambientale. E tenere tutto questo in equilibrio sarà una sfida straordinaria. La mia esperienza come manager attenta alla gestione e al profitto da una parte, e come presidente di musei e fondazioni culturali dall’altra, mi porta dunque a considerare l’attuale ”stato di eccezione” non solo come un vincolo (cosa che ovviamente è), ma come un momento per sperimentare, per sostenere opportunità di ripensamento radicale, per connettere, sostenere e, cosa più importante, diversificare il pubblico, aprire più liberamente collezioni e archivi, renderli davvero accessibili a una gamma completa di cittadini (e non cittadini), in forma non più solo analogica ma digitale democratica, in cui l’internet delle cose interagisce positivamente con le cose fuori da internet, in un nuovo modello di racconto dell’arte e della cultura.
Se dovessimo sintetizzarlo in uno slogan, potremmo dire che si tratta di ripensare il paradigma, con l’obiettivo precipuo di ricongiungere in una narrativa culturalmente funzionale passato, presente e futuro. Soprattutto dal punto di vista della connessione tra generazioni. Per questo motivo al Museo Marino Marini Firenze, in cui ricopro la carica di Presidente, al fine di perseguire la missione e il posizionamento del museo come luogo di elaborazione culturale continua e stimolante, laboratorio di sperimentazione in cui è stata abolita la segregazione disciplinare in favore di un dialogo continuo e aperto tra universi di conoscenza, a partire dal 2019 ho creato il ruolo – inedito – del Visiting Director. Come infatti le università più prestigiose si dotano di personalità di alto profilo in possesso di un significativo curriculum scientifico e professionale per favorire l’internazionalizzazione e lo sviluppo culturale, così al Marino Marini, ogni anno il direttore di un museo o di una prestigiosa istituzione culturale viene invitato a creare il programma scientifico/ artistico per il Museo, con il fine di accrescere e potenziare la dimensione internazionale attraverso la promozione di scambi di esperienze. Ad inaugurare il nuovo corso è
stato Dimitri Ozerkov, Direttore del Dipartimento di Arte Contemporanea del Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo e del progetto “Ermitage 20/21”, che ha interpretato la realtà e l’essenza del luogo singolare che ospita il museo, proponendo un progetto composito e multiplo rappresentato da un “filo rosso” ideale e fisico. Con “ACCENTS, ACCENTI, АКЦЕНТЫ” Dimitri Ozerkov ha inteso creare un ponte con la nouvelle vague artistica russa coinvolgendo 3 giovani e affermati artisti – Irina Drozd, Andrey Kuzkin e Ivan Plusch – che hanno lavorato in residenza nel museo per produrre opere site specific in dialogo con l’intensità e la forza magnetica dei lavori di Marino Marini. La Visiting Director del 2020 è invece Fatma Naït Yghil, Direttrice del Museo Nazionale del Bardo di Tunisi, che ha portato la sua esperienza di donna musulmana a capo del più importante museo della Tunisia. Purtroppo a causa delle restrizioni COVID, Fatma Naït Yghil ha dovuto slittare e modificare il suo programma: è stato organizzato il webinar “Art Gap. Museums and the gender equality global trend” con ospiti da tutto il mondo e un prossimo appuntamento è previsto per gennaio 2021. L’altro progetto che descrive perfettamente la visione del Museo Marini è il Playable Museum Award, un grant da 10 mila euro per idee che immaginino il museo del futuro. Con questo award il museo è diventato un vero e proprio hub di innovazione e sperimentazione, un museo laboratorio di futuro in cui pensare e creare prototipi e idee da poter declinare anche in altri musei. Nelle due edizioni dell’award abbiamo ricevuto oltre 500 progetti, un data-base straordinario di creatività e audacia, immaginazione e tecnologia con cui stiamo creando una piattaforma che metteremo a disposizione di tutti i musei. Una sorta di Tinder culturale su cui si incontrano musei e idee visionarie. I vincitori delle due edizioni sono un giovane ingegnere indiano, Arvind Sanjeev e una giovane PHD napoletana, Greta Attademo, a testimonianza della dimensione ormai globale del museo.
Patrizia Asproni è Presidente del Museo Marino Marini Firenze e Presidente della Fondazione Industria e Cultura.
In alto: Un ritratto di Patrizia Asproni. Courtesy Patrizia Asproni.
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