Maria Chiara Wang/ Quando e come è iniziato il tuo rapporto con la musica e la tecnologia?
Pier Alfeo/ Il mio percorso è iniziato all’età di 15 anni quando, incuriosito dal campionamento musicale, mi divertivo a registrare e a manipolare su cassette brani hip-hop trasmessi da MTV. Quelle stesse miscelazioni le utilizzavo la sera, insieme a degli amici, per ballare la breakdance all’entrata della nostra scuola. La tecnologia mi ha dato la possibilità di coltivare la vena creativa, pur non avendo possibilità economiche. Da lì è nato un rapporto viscerale con il suono e con le tecnologie che poi mi ha spinto ad ascoltare musica sperimentale, ad appassionarmi alle avanguardie, a produrre dischi, e ad esibirmi in diversi club e festival europei. Ho vissuto in città molto stimolanti, come Bologna, Milano, Rimini e, negli ultimi tempi, Berlino, dove ho avuto modo di ampliare a tutto tondo i miei interessi nei confronti dell’arte.
MCW/ Musica e arte sonora, come si combinano questi aspetti nella tua ricerca?
PA/ Lo studio sul suono è ciò che lega le due aree creative che con il tempo ho imparato a coltivare parallelamente; lo scambio tra queste pratiche è sempre molto forte e agisce in entrambe le direzioni. A monte, lavorare con il suono, studiandolo, liberandolo da una connotazione prettamente musicale, mi offre la possibilità di inoltrarmi nei suoi meandri profondi dov’è possibile scindere la valenza emotiva, o causale, dalle caratteristiche morfologiche e comportamentali. Questo processo mi consente l’accesso a molteplici applicazioni e una consapevolezza grazie alla quale posso mallearlo e indirizzarlo in funzione della visione d’insieme che voglio raggiungere nell’opera finale, musicale o artistica che sia.
MCW/ Che applicazioni trova la tecnologia nel tuo lavoro?
PA/ La mia risposta a questo tipo di domanda evolve nel tempo parallelamente allo sviluppo della tecnologia. Il processo è interessante perché, così come cambia la tecnologia, cambia anche il nostro modo di interagire con essa, con i relativi pro e contro. Se penso alle nuove frontiere del Machine Learning e dell’Intelligenza Artificiale mi rendo conto che dal punto di vista creativo si potrebbe già parlare di rapporto collaborativo con i mezzi tecnologici. Ho sempre avuto uno scambio con le possibilità tecnologiche che, la maggior parte delle volte, ha veicolato il mio processo creativo, la direzione da prendere per arrivare ad esprimere un concetto, o un’emozione. Oggi mi rendo conto più che mai che il risultato finale si genera insieme, collaborando; così come ascoltare un suono suggerisce delle visioni, anche un algoritmo, una serie di algoritmi o un particolare modello di apprendimento automatico, ti spinge verso dei limiti che possono risultare decisivi nella creazione di un output artistico. Tuttavia preservare un pensiero umano è inevitabilmente sano, si parla quindi di collaborazione e non di sostituzione.
PRINCIPLE OF ORGANIZATION, 2019 e INTERFERENCES QUARTET, 2019. In mostra al CAMUSAC di Cassino. Courtesy dell’artista.
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