DIVERSIONI, a cura di Davide Silvioli
Recensione di Carla Sollazzo
Abbiamo bisogno di costruire relazioni, non di tenere monologhi in luoghi suggestivi.
Tomaso Montanari, Contro le mostre, 2018
Sul Vocabolario Treccani, alla voce “diversione”, leggiamo: «In senso attivo, “deviazione” di un fiume, delle acque di scolo. In senso figurato, “digressione dall’argomento principale”. Anche sinonimo di “diversivo”, passatempo, svago, per distrarre l’animo. Nel linguaggio militare, movimento diretto a richiamare in un punto le forze del nemico, con il proposito d’indebolirlo dalla parte dove s’intende effettivamente attaccarlo». DIVERSIONI, inaugurata a Roma lo scorso 13 giugno, presso il Centro di Documentazione Artistica Contemporanea “Luigi Di Sarro”, è tutto questo: deviazione, digressione, diversivo e movimento diretto a richiamare in un punto.
Come spiega il curatore Davide Silvioli: «La mostra rappresenta per ogni autore un momento di confronto con il proprio lavoro, nel segno di una discontinuità che è qui sinonimo di pluralità speculativa e approfondimento espressivo […] Già dalla titolazione, DIVERSIONI manifesta la volontà di descrivere, in maniera polifonica, le diversificate possibilità d’approccio creativo alla prassi artistica, offrendo una selezione di risultati estetici denotabili per eterogeneità linguistica». Quattro artisti, in mostra fino al 3 luglio: Fabio Mariani, Priscilla Pallante, Rosario Vicidomini e Medina Zabo. Fabio Mariani si laurea in scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Realizza scenografie per il teatro, espone in musei e gallerie in Italia e all’estero e vince diversi premi. Negli ultimi anni sperimenta l’antico inchiostro ferro gallico. Vive e lavora tra Roma e l’Abruzzo. Priscilla Pallante esordisce nel 2018 con la sua prima personale presso la galleria Curva Prima di Roma, dove mette in relazione la fotografia con le nuove tecnologie digitali, con il suono e con la stampa 3D. Rosario Vicidomini studia a Salerno, Bologna e Urbino. Attualmente vive a Roma, dopo un periodo trascorso tra Amburgo e Berlino. Artista visivo, espone le sue opere in musei, gallerie e fiere d’arte in Italia, Germania, Francia, Svizzera, Austria, Ungheria e Giappone.
Medina Zabo consegue la laurea in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Perugia, una specializzazione in Nuovi Media presso IED Roma, dove attualmente frequenta l’Accademia di Belle Arti. Vincitrice del Premio Internazionale O.R.A. 2018, selezionata da Curva Pura + root, finalista alla XIII Arte Laguna Prize nella sezione Land Art, ha esposto in musei, gallerie e luoghi d’interesse storico e culturale. In mostra lavori inediti, pensati appositamente per DIVERSIONI; i quattro artisti, provengono da percorsi diversi, per formazione e tecniche utilizzate, ed è proprio su questa differenziazione che punta il percorso ideato da Silvioli: «I conseguimenti scelti – spiega il curatore – differenti per contenuto e per lessico, vanno dalla pittura al disegno, dalla sperimentazione sulla materia allo studio dei nuovi media, profilando DIVERSIONI, secondo tali accenti, al pari di un focus sull’interdisciplinarietà contemporanea, con l’intenzione di dare parola all’arte fuori da statuti o registri stringenti». Le opere si inseriscono in un momento di ricerca ed innovazione che allarga sia orizzontalmente che verticalmente lo spazio visivo, in una grammatica dell’arte totalmente innovativa, diversa; una diversità che gli stessi artisti scoprono all’atto di costituzione della collettiva, nel momento in cui le loro opere si guardano, si scrutano e si riconoscono, proprio nella loro diversità, come figlie di un’unica identità. Un progetto sperimentale quello messo in atto da questi quattro giovani talenti, che tentano di rinnovare un linguaggio artistico piuttosto impantanato attorno a dei cliché difficili da sradicare. Persone, cose, animali, luoghi, emozioni – per citare Angela Vettese – l’arte si fa con tutto. «La regola del gioco – sostiene Claude Lévi-Strauss – consiste nell’adattarsi sempre all’equipaggiamento di cui si dispone»; ogni deriva è lecita, purché si dimostri efficace nell’individuare un problema e nel dargli una forma visibile. Anche di fronte a DIVERSIONI ci si pone il quesito di sempre: fino a che punto di riduzione a un’idea può un’opera essere ritenuta davvero opera? Chi decide quando un’opera è un’opera? È chi osserva l’opera in questione a decidere. Senza generare, però, “ansie intellettuali” (Francesco Bonami), il classico “io non me ne intendo”, poiché per godere di un’opera d’arte non occorre essere intenditori; «Per capire l’arte non ci vuole un concetto aperto – sostiene Arthur Danto – ma una mente aperta».
DIVERSIONI prende le distanze da chi vorrebbe ridurre l’arte a ciò che è considerato tale in un contesto istituzionale o addirittura la ritiene indefinibile, perché l’arte possiede delle caratteristiche che le restituiscono dei contorni netti: ha una permanenza ontologica – Heidegger la definisce “essenza categoriale”, poiché esiste in quanto tale – nelle forme pur variabili in cui si manifesta. A determinare un’opera d’arte è la capacità di dare corpo ad un’idea, di esprimerla per mezzo di un “fare artistico” che traduca il pensiero in materia, nel modo più efficace; le opere in mostra vogliono incarnare qualcosa di impalpabile, che le accomuni ad un sogno ad occhi aperti e che conduca il fruitore ad uno stato emotivo e sensoriale nuovo, creando, appunto, delle DIVERSIONI.
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